Scontrini per 54 cene, chiesti due anni e mezzo per l’ex sindaco Marino
Richiesta di condanna del pg al processo d’appello per gli scontrini
Assolto in primo grado, Ignazio Marino rischia di nuovo la condanna in appello (due anni e mezzo chiesti) anche se per una sola delle accuse a suo carico. L’ex sindaco è colpevole secondo il pg delle cene private pagate con carta di credito del Campidoglio, mentre va assolto per le finte assunzioni alla onlus Imagine. «Mai speso soldi pubblici per fini personali», dice in aula il chirurgo.
Cade una delle due accuse, ma dal processo d’Appello arriva una nuova richiesta di condanna per l’ex sindaco Ignazio Marino. Il sostituto procuratore generale Vincenzo Saveriano ha sollecitato una pena di due anni e sei mesi per il chirurgo che deve difendersi dalla duplice accusa della truffa per le false assunzioni nella onlus Imagine (il pg ha chiesto l’assoluzione) e del peculato per le 56 cene private pagate con carta di credito del Campidoglio (in appello gliene vengono contestate 54). Marino è stato assolto in primo grado da entrambe le imputazioni con la formula de «il fatto non sussiste» nel caso scontrini e «per non aver commesso il fatto» riguardo alla onlus.
Ieri in aula il chirurgo, tornato a esercitare negli Usa la sua professione, ha ribadito la sua innocenza: «Mai, da cittadino o da sindaco, ho usato soldi pubblici per fini personali». Quanto alle cene Marino contrattacca: «Vengo accusato di “intenzionale oscuramento” dei veri commensali quando già in sede di interrogatorio offrii la mia agenda elettronica ai pm per controllare. E continua: «Il mio rapporto ideologico con il denaro è testimoniato dai miei atti: in Campidoglio mi sono offerto di mettere di tasca mia nelle casse comunali i soldi di cui mi sarei appropriato. E sono andato a spese mie negli Stati Uniti a parlare con James Pallotta dello stadio Roma o da Bill De Blasio (sindaco di New York, ndr) per valorizzare il patrimonio pubblico della Capitale. Ancor prima dell’inchiesta e di essere eletto ho donato 10mila euro del mio salario a Roma e ho preteso di decadere da senatore. Se sono un ladro sono un ladro scemo e incapace di intendere e volere», ha concluso l’ex sindaco, difeso dal professore Enzo Musco.
L’appello della procura nasce in particolare contro l’interpretazione da dare alle cosiddette «spese di rappresentanza». E se i giudici di primo grado ne hanno dato nelle loro motivazioni di non colpevolezza una lettura estensiva, rimarcando solo il disordine con cui venivano rendicontate le cene, i pm si rifanno a una sentenza della Cassazione (usata anche per ottenere la condanna dell'ex direttore del Tg1 Augusto Minzolini), secondo la quale vanno incluse nella definizione solo le spese «destinate a soddisfare la funzione rappresentativa esterna dell’ente pubblico al fine di accrescere il prestigio della sua immagine». Quanto alla «Imagine», il pg accoglie la tesi dell’artifizio fiscale messo in piedi da uno dei collaboratori della onlus, del quale è lecito pensare che Marino non fosse a conoscenza. La tesi dell’appello è che sia invece una cosa impossibile, date le dimensioni assai ridotte della Imagine In primo grado l’accusa chiedeva tre anni e quattro mesi.
I giudici della terza corte d’Appello, presieduta da Raffaele Montaldi hanno aggiornato il processo all’11 gennaio.