Ostia, per le spiagge libere indagati quattro dirigenti
L’ombra di pressioni occulte per favorire il malaffare a Ostia si allunga anche nella gestione delle spiagge libere. Manovre orchestrate a prescindere dal colore politico dell’amministrazione. Per come è stato formulato e attuato il bando 2013 per l’assegnazione dei servizi secondari negli arenili liberi del litorale è indagato, con l’accusa di abuso d’ufficio, l’ex presidente del X Municipio Giacomo Vizzani (Pdl, area An). Insieme all’allora primo cittadino di Ostia è finito sotto inchiesta Aldo Papalini, il funzionario già condannato in primo grado a otto anni per l’affidamento, nel 2012, del chiosco Orsa Maggiore a una società di cui era socio di fatto anche Armando Spada. All’ex direttore tecnico dell’Ambiente i giudici lo scorso febbraio hanno riconosciuto l’aggravante del metodo mafioso. Nel nuovo filone sono indagati, sempre con l’accusa di abuso d’ufficio, Claudio Sacotelli e Claudia Menichelli, entrambi dirigenti del Municipio.
Il bando del 2013 - e la graduatoria formulata sulla base del testo - venne annullato in autotutela il 4 novembre di quell’anno, quando Andrea Tassone (Pd) - condannato a cinque anni nel processo sul «Mondo di mezzo» – subentrò a Vizzani. Tra le ragioni del provvedimento il riscontro di diverse anomalie, tra cui la mancanza del certificato antimafia da parte di chi partecipò alla gara e la violazione dell’obbligo di segretezza delle offerte. Irregolarità che hanno sollecitato le iscrizioni da parte dal pm Mario Palazzi. Il paradosso? Nel 2016 alcuni problemi vennero sollevati dall’Anac sul nuovo bando formulato da Tassone, non indagato su questo versante.
Ma ieri è stata anche la giornata delle audizioni della commissione parlamentare Antimafia. Dai colloqui (tra cui quelli con il prefetto Paola Basilone, il questore Guido Marino e il procuratore aggiunto Michele Prestipino)è emerso, ha spiegato la presidente Rosy Bindi, che «a Ostia la situazione è grave: le mafie ci sono, sono forti e insediate». Ma se «fino a qualche tempo fa di Stato ce n’era troppo poco», oggi la sua presenza «è forte, determinata, consapevole e sta ottenendo risultati importanti». Come nel caso di Roberto Spada, nei cui confronti la procura ha già chiuso le indagini - confermando il metodo mafioso - e punta al il processo in tempi brevissimi.
L’accusa La procura contesta l’abuso d’ufficio: sotto inchiesta anche l’ex presidente Vizzani