Atac, allarme per i biglietti: Bit in calo pure a settembre
I dati riferiti allo stesso periodo del 2016: mezzo milione di tagliandi in meno
Sempre meno Bit (biglietto integrato a tempo). I dati di settembre raccontano del crollo delle vendite da parte di Atac: 7,5 milioni sono i titoli venduti nel mese che, secondo i piani dell’azienda, avrebbe dovuto lanciare una ripresa dopo il «fisiologico» calo estivo. E invece no: a settembre dell’anno scorso i biglietti venduti erano quasi 8 milioni, ovvero 500 mila in più del terribile 2017. Cioè 750mila euro in meno.
Ma la crisi è crisi, scandita dalle pause della vicenda concordato in tribunale e sottolineata dal trend progressivamente sempre più negativo dei numeri. Così, mentre il servizio sprofonda sia in superficie sia sulla metro (rispettivamente 14% e 16,6% di chilometri in meno erogati a ottobre), il dato delle vendite del Bit dà il quadro di un’azienda che da una parte cerca di provare al giudice di essere in grado di rialzarsi e dall’altra risulta sempre più scollata dalla sua mission. È confrontando due anni di stacco tra agosto, con la città svuotata di romani, e settembre, mese della riapertura delle scuole, che si comprende quanto la crisi sia al galoppo: tra agosto e settembre 2016 la differenza delle vendite di Bit è stata di 2,2 milioni, nello stesso spezzone del 2017 lo stacco è di 1,5 milioni. Quindi circa 700 mila biglietti in meno che, a 1,50 euro l’uno, fa oltre un milione meno in cassa. Questo nonostante Atac, a fine ottobre, avesse parlato per il 2017 di un aumento di oltre il 53% rispetto all’anno precedente - allegando il plus della linea di collegamento con Ciampino che nel 2016 non esisteva - prima di ammettere che il dato risultava dopato dall’incasso legato alla cessione di alcuni servizi.
I motivi del crollo? Solo due. Il primo è che l’utenza prende meno i mezzi, forse perché poco affidabili in termini di orario (e anche di scioperi, quasi a cadenza settimanale) o forse per paura di finire flambé su un bus. Il secondo, più plausibile, è che il numero di fruitori resta costante, ma i mezzi si usano evitando di pagare il biglietto. Colpa delle macchinette obliteratrici spesso guaste e dei controlli ancora non così capillari come promesso dall’azienda nel programma di rilancio a corredo della procedura in tribunale: uno dei paletti fissati da Paolo Simioni presidente, ad, direttore generale e, ad interim, pure direttore Operations di Atac - è proprio la lotta all’evasione tariffaria. Del resto per l’entrata in vigore del (discusso) piano industriale che prevede più ore di lavoro e turni da verificatore per i dipendenti c’è da aspettare gennaio 2018. Fino ad allora la crisi galoppa senza briglie.