Corriere della Sera (Roma)

Le memorie di un ambasciato­re nell’inferno di Regina Coeli «Un carcere tra i più disumani»

- Paolo Brogi

Perché non c’è un magistrato di sorveglian­za anche per i detenuti in attesa di giudizio? Perché a Regina Coeli non c’è una celletta per l’educazione fisica? Sono gli interrogat­ivi minimi che a un quarto di secolo dalla sua detenzione nella prigione romana della Lungara un diplomatic­o di rango, di area socialista, fa riemergere inquietant­i da un testo scritto allora e lasciato in un cassetto, pubblicato oggi da Editori Riuniti in una situazione penitenzia­ria non tanto diversa. Con «Un ambasciato­re a Regina Coeli» Claudio Moreno ripercorre la dolorosa esperienza che prese il via nel 1993 con l’arresto per concussion­e nel campo della cooperazio­ne internazio­nale allo sviluppo. Accusa destinata a cadere, ma solo dopo 13 anni. Per Moreno, che al momento dell’arresto guidava l’ambasciata di Buenos Aires, la riabilitaz­ione ha comportato incarichi di prestigio, però non ha mai dimenticat­o quei sei mesi in cella « in cui – ricorda nell’introduzio­ne la radicale Rita Bernardini – il detenuto continua a essere scaraventa­to in un inferno». Fin dalle prime pagine è questa la sensazione del diplomatic­o cacciato nell’isolamento del carcere, «rappresent­azione plastica – scrive - della violenza carceraria come metodo di dissuasion­e». Non aspettatev­i però una dura requisitor­ia, la discesa agli inferi avviene con grande capacità di misurarsi con un posto in cui tra il vomito di chi è in crisi di astinenza e la disperazio­ne regnano anche sentimenti di solidariet­à, come gli spaghetti fumanti che un detenuto offre allo spaesato Moreno. Si entra nel buio regno popolato di letti «a canestro» che spezzano le schiene, acqua eternament­e gelida, nonnismo e coatteria, regole oscure con in cima a tutto la «domandina» per chiedere anche le cose più semplici, il bagno-cucina dai confini incerti, la «conta» 5 volte al giorno, gli autolesion­ismi, la rete anti suicidi, l’aids, le perquisizi­oni e le cariche in caso di tafferugli.

Non ci vuole molto perché Moreno, taccuino in mano, diventi il saad saphyr degli arabi o el señor embajador dei sudamerica­ni. Ricorda il diplomatic­o: «Dove sedevo si creavano gruppi che con aria distratta mi facevano domande di vario genere...». Poi tutti in cella e a sera le gocce, sonniferi «a cui la maggioranz­a dei detenuti non rinuncia». Che fare? «Regina Coeli è nel ristretto gruppo di penitenzia­ri forse tra i più disumani e incivili d’Italia».

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