SPELACCHIO, LA SINDACA E LO STILE
Semplice, raffinato, ecosostenibile. Questa la sintesi «vogue» scolpita dalla new trendysindaca Virginia Raggi per spiegare a tutti quei romani un po’ cafoni che lo hanno battezzato Spelacchio, l’incompresa essenza dell’abete issato come tradizione in piazza Venezia e vestito dagli stilisti del Comune.
Per il secondo anno di sindacatura Raggi, l’albero di Natale che rappresenta la città, la Capitale, appare malinconicamente goffo e timido, a dispetto della sua inutile corpulenza e, ne siamo sicuri, avveniristica ecosostenibilità. In una parola è l’esatta raffigurazione della Roma di oggi: triste, inadeguata, sola. Una città governata più di pancia che di testa dalla squadra di una sindaca che non riesce ad inorgoglire i romani neanche con un albero di Natale. Suonano ben comprensibili le sconsolate parole del ministro Carlo Calenda alle prese con quel «tavolo» per il rilancio di Roma al quale la sindaca sembrava «una turista per caso». Ora, visto che in tutto il mondo occidentale l’albero di Natale è un simbolo, la sindaca non si improvvisi stilista: non difenda l’indifendibile - un albero spelacchiato costato la bella cifra di 50 mila euro di solo trasporto e smaltimento - dia una bella strigliata ai suoi, che forse avrebbero dovuto rispedirlo subito al mittente. E ormai, visti i tempi ristretti, faccia in modo che, usando ogni «effetto speciale» possibile, tutti possano vedere in quell’albero – magari con un po’ di fantasia - la forza e l’autorità di un console romano a caccia di riscossa.