Occupazioni, conto da 200 milioni
Dopo la sentenza del tribunale civile il rischio del mega risarcimento che spetterebbe al Viminale
Si aggira sui 200 milioni di euro il conto che pende sul Viminale se i proprietari dei 104 immobili occupati nella Capitale dovessero chiedere un risarcimento per il mancato intervento della forza pubblica in virtù della recente sentenza civile su uno stabile a Tor Marancia. «Il Comune non usa i nostri fondi», spiega l’assessore regionale alla Casa Fabio Refrigeri. Il caso del palazzo di Bankitalia a San Giovanni.
Il conto è monstre: 200 milioni di euro. E potrebbe arrivare al Viminale se la sentenza del tribunale civile che ha ordinato al ministero dell’Interno di risarcire i proprietari dello stabile in via del Caravaggio, a Tor Marancia, occupato dal 2013, dovesse fare giurisprudenza. Quantomeno sul fronte del risarcimento danni a chi - proprio a causa dei blitz dei movimenti di lotta per la casa - non può utilizzare sue proprietà perché la forza pubblica non interviene con gli sgomberi. Anche perché sul fronte penale, invece, in Prefettura (dove ora quella sentenza viene analizzata per trovare una soluzione) sono stati comunicati nel corso degli anni più di una decina di provvedimenti di sequestro dell’autorità giudiziaria fra le centinaia di denunce di occupazione abusive presentate dai proprietari degli immobili in questione, siano essi privati o pubblici.
E sulla base di quei sequestri ci sono state altrettante sentenze di giudici che sollecitano anche in questo caso sgomberi che poi, quasi sempre, non sono stati portati a termine per ragioni di ordine pubblico. Insuperabili difficoltà che impediscono alle forze dell’ordine di applicare la legge anche per decisioni del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, ma che si sono protratte negli anni lasciando a ridosso del 2018 un quadro difficile da scalfire nel quale proprio i movimenti sembrano aver vinto a tutt’oggi per scacco matto.
Perché? Perché se le cose non dovessero cambiare - e tutto fa pensare che rimangano così chissà ancora per quanto tempo - dopo le polemiche - anche internazionali - seguite all’operazione che ha portato alla liberazione del maxi palazzo in via Curtatone (piazza Indipendenza) dove ad agosto la polizia è intervenuta con gli idranti per disperdere stranieri occupanti e appartenenti ai movimenti che li appoggiavano, gli sgomberi si sono fermati. La circolare del ministro dell’Interno Marco Minniti dell’estate scorsa invita prefetti e questori a valutare iniziative analoghe senza prendere prima in considerazione l’assistenza che si deve dare a chi occupa e si trova per questo in grave disagio. Pur confermando l’indicazione di allontanare immediatamente, quando non anche prevenire, chi si insedia abusivamente in edifici di proprietà altrui.
Ma trovare alloggi e sistemazioni per i circa 8mila occupanti (secondo l’Unhcr ben tremila sono rifugiati politici) censiti ufficialmente, ai quali se ne aggiungerebbero almeno altrettanti sconosciuti in edifici di vario genere inutilizzabili o del tutto abbandonati a Roma e provincia, è un’impresa notevole che il Comune non sembra poter affrontare. Sempre che gli occupanti accettino il trasferimento in altre strutture, operazione che in passato ha incontrato difficoltà e resistenze.
Uno stallo - al quale ha contribuito anche l’emergenza migranti dei mesi scorsi, con la necessità di reperire in fretta oltre cento edifici per l’accoglienza che in pratica paralizza l’attività di repressione del fenomeno che fino a oggi interessa ben 104 stabili, grandi e piccoli. Sono quelli di sempre, che erano stati anche censiti dal commissario straordinario Francesco Paolo Tronca che con l’allora prefetto Franco Gabrielli - ora capo della polizia -, aveva stilato una lista di sedici immobili da sgomberare con urgenza secondo un programma prestabilito. Operazione interrotta dopo il blitz di via Curtatone con il disappunto proprio di Gabrielli che al Corriere disse, riferendosi alla top list degli sgomberi: «Da prefetto me ne sono occupato, e insieme con il commissario straordinario, avevamo intrapreso una strada che non sembra aver avuto seguito». E ancora: «Le amministrazioni locali, e quindi la politica, non possono delegare tutto alle forze di polizia».
Una critica diretta al Campidoglio che quella lista l’ha chiusa in un cassetto, anche in polemica con la Regione, che con la delibera del 6 giugno scorso sull’emergenza abitativa, oltre allo stanziamento iniziale di 40 milioni di euro, fra gli altri prevedeva alloggi per chi vive in immobili «impropriamente adibiti a casa» al 31 dicembre 2013. Una sanatoria non ancora applicata. Ma i proprietari di quei palazzi non aspettano. E adesso hanno anche un’arma in più per far valere i loro diritti.