«Glorie di carta», in mostra i disegni per gli arazzi
Pietro da Cortona, Romanelli, Gherardi: opere dai depositi del Palazzo
Una sala del museo e cinque opere in tutto per evocare, sia pur in maniera sintetica, una delle pagine celebri del Barocco romano, quella concernente le Arazzerie Barberini, manifattura «di famiglia» esistente dal 1627, costituita dal cardinal Francesco Barberini, nipote del papa Urbano VIII. Prima arazzeria a Roma, per la quale disegnarono cartoni — tra gli altri francesi, fiamminghi e italiani — anche Pietro da Cortona e il suo allievo Giovanni Francesco Romanelli.
Un focus così non poteva dunque che essere promosso da Palazzo Barberini-Galleria nazionale d’arte antica, dove ieri si è inaugurato col titolo Glorie di carta. Il disegno degli arazzi Barberini, per la cura di Maurizia Cicconi e Michele Di Monte. Cosa si vede: in primis, dopo circa vent’anni nei depositi del museo che fu la reggia di famiglia, si rivedono tre cartoni preparatori, ciascuno appartenente a un importante ciclo di arazzi prodotti dalla Manifattura: Storie di Costantino, forse il più prestigioso realizzato dalle Arazzerie, oggi conservato a Philadelphia; Vita di Cristo, monumentale progetto avviato nel 1643, dodici pezzi ora a New York, nella cattedrale di St. John the Divine; e le Storie
di Urbano VIII, i cui arazzi — dieci in tutto, un ciclo encomiastico sulla vita del potente papa di famiglia — sono una delle meraviglie esposte nei Musei Vaticani, al tempo però immaginata per il Salone di Palazzo Barberini intitolato a Pietro da Cortona (riesporli lì dopo secoli pare sia un progetto di mostra in cantiere, e sarebbe davvero un evento).
A firmare i tre cartoni sono, rispettivamente, Pietro da Cortona (Costantino abbatte gli idoli), Romanelli (La Natività) e Antonio Gherardi (Maffeo Barberini preside i lavori di bonifica del lago Trasimeno). Ad accompagnare l’esposizione dei tre esemplari, anche un Ritratto di Urbano VIII di Pietro da Cortona, prestito dai Capitolini, e un quadro a sei mani (Andrea Sacchi, Jan Miel e ancora Gherardi), Visita del pontefice al Gesù.