Bilancio, multe e condoni per un miliardo
Comune, previsionale 2018-2020: senza incassi, cifra a debito
Il Campidoglio licenzia, quest’anno nei tempi, il bilancio previsionale 20182020. Con 25 voti favorevoli l’Aula approva alle 3 e mezzo di sabato mattina: la manovra vale 4,6 miliardi di euro, di cui circa un miliardo di multe, tributi e condoni da riscuotere. Il problema è che la riscossione per il Comune è un rebus ancora senza soluzione: nel 2016 è stato incassato solo un quarto delle multe, mentre si è persa la metà delle tariffe; e negli ultimi nove anni si è accumulato un mega buco di quasi 8 miliardi di euro. Così Raggi festeggia: «È un traguardo memorabile che fa onore a tutta l’aula, alla giunta e ai cittadini». Ma adesso tocca passare all’incasso.
Un miliardo di euro in multe sui 4,6 complessivi della manovra. Ovvero quasi un quarto dei soldi «mossi» dal Campidoglio nel bilancio previsionale 2018-2020. La manovra, approvata (25 voti a favore, 6 contro) alle tre e mezzo di sabato mattina dall’Assemblea capitolina, è calcolata sulla riscossione di imposte, tributi, multe e altre entrate dovute e, troppo spesso, mai corrisposte. Sotto la voce «proventi derivanti dall’attività di controllo e repressione delle irregolarità e degli illeciti», il documento mette in fila le cifre relative al triennio: 392 milioni di multe elevate nel 2017, più 208 milioni e 211 milioni di sanzioni che, si presume, saranno comminate nel 2018 e 2019. In totale fanno 811 milioni di euro che diventano circa un miliardo aggiungendo tre anni di proventi da condono edilizio, affrancazioni e alienazione beni. Somma, però, da considerare teorica.
Per questo il Comune è tenuto ad accantonare, lo dice il Fisco, una percentuale molto elevata nel fondo crediti di dubbia esigibilità. E quella cifra rappresenterà una soglia al di sotto della quale non si può andare, altrimenti sarà considerato debito ed andrà ad allargare la voragine dei residui attivi: quasi 8 miliardi è la cifra che l’amministrazione non ha incassato, negli ultimi 9 anni, da entrate dovute ma mai effettivamente versate nelle casse (sempre più vuote) del Campidoglio. L’equilibrio della manovra, firmata dall’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti, soprattutto nella parte relativa agli investimenti è legato alla capacità del Comune di invertire la tendenza, anche se la discontinuità con il passato al momento non si vede: della task force promessa da Raggi non c’è ancora traccia e la mission della riscossione oggi bascula tra le partecipate Risorse per Roma e Aequa Roma senza le coordinate di un contratto di servizio.
Non a caso, infatti, l’Oref l’organo dei revisori - nel dare parere favorevole ha allegato tra le osservazioni e prescrizioni sul bilancio di previsione 2018-2020 una raccomandazione a «un’azione incisiva sulla capacità di riscossione». E forse non a caso la giunta, seppur approvando il piano finanziario 2018, ha rimandato ad altro provvedimento di fissare le tariffe, ad esempio la Tari, che dunque potrebbero variare in seguito: aumenti in vista?
Perché, in ogni caso, ora che sono nero su bianco, da qualche parte i soldi dovranno uscire. Nel 2016 il Comune è riuscito a rastrellare appena un quarto delle multe, mentre si è persa la metà di canoni e tariffe. Così Raggi può esultare per i tempi di approvazione, da record se paragonati allo scorso anno quando la bocciatura dell’Oref innescò una serie infinita di polemiche. «È un traguardo memorabile che fa onore a tutta l’Aula, alla giunta e ai cittadini», ha detto la sindaca snocciolando varie voci di spesa: «Più 36 milioni a disposizione dei municipi e oltre 50 milioni per investimenti su scuole, strade e altre opere». Sono i modi, però, a non convincere l’opposizione: «Ma quale traguardo memorabile, Raggi ha le visioni replica Marco Palumbo del Pd -. Il bilancio è basato su entrate ipotetiche che non danno alcuna certezza sugli impegni di spesa».