Harlem Gospel Coro di voci per l’integrazione
All’Auditorium l’ensemble creato nel 1986 per celebrare il compleanno di Martin Luther King
È una storia di musica e diritti civili, integrazione culturale e beneficienza, fede e glamour quella dell’Harlem Gospel Choir, stasera sul palco dell’Auditorium per il Roma Gospel Festival. Allen Bailey lo assembla nel 1986, in occasione delle celebrazioni per il compleanno di Martin Luther King, racchiudendo in un coro tutte le voci più raffinate e i musicisti più virtuosi scovati delle «Chiese Nere» di New York. In particolare di Harlem, quartiere all’epoca tra i più malfamati e pericolosi di Manhattan, definendo da subito l’identità dell’ensemble, impegnata tanto nel repertorio gospel quanto nell’apertura alla comprensione della cultura afro-americana.
Una doppia missione che seduce immediatamente lo star system e la grande industria musicale portando il complesso, già nel 1988, a conquistare la scena internazionale grazie alla partecipazione nel video I still haven’t found what I’m looking for degli U2. Fu la prima di una lunga catena di collaborazioni ed esibizioni prestigiose per l’Harlem Gospel Choir, che a trent’anni dal suo debutto può vantarsi di essere l’unico coro gospel al mondo ad aver cantato per Nelson Mandela, Papa Giovanni Paolo II, Paul McCartney, la famiglia reale britannica, la campagna elettorale di Barack Obama, il concerto tributo per Michael Jackson a Time Square e il ses- santesimo compleanno di Elton John. Non solo, è stato il primo a traghettare il ritmo e il messaggio culturale del gospel dall’America a territori come Russia, Cina, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Repubblica Ceca, Serbia, Slovenia, Slovacchia, Marocco, Australia e Nuova Zelanda. E si calcola che Bailey e i suoi, che in formazione completa sono 65 elementi tra i 17 e i 70 anni, abbiano macinato viaggi per circa due milioni di miglia. Oltre i confini geografici, poi, ci sono quelli musicali: l’Harlem Gospel Choir li ha praticamente valicati tutti, portando la musica spirituale di matrice religiosa ad avvolgere ogni altro genere, dal rock al pop, dal folk irlandese al metal. Ma senza vanità artistica, sempre mettendo al primo posto l’intento benefico, ossia raccogliere fondi a sostegno della battaglia per l’integrazione razziale e le fasce più deboli della società.
È nato così anche il duetto con Madonna durante il Telethon pro Haiti del 2011. E quelli con Diana Ross, Whoopi Goldberg, Harry Belafonte, Jimmy Cliff, Lyle Lovett, Lisa Marie Presley, Ben Harper, John Legend, Simple Minds, Robin Gibb, The Chieftains, Volbeat, André Rieu e la sua Johann Strauss Orchestra...
Stasera a Roma (nella classica formazione da tour con una decina di cantanti e due musicisti) portano in Sala Sinopoli una fetta del loro immenso repertorio, costruito sulla miscela tra gospel tradizionale e contemporaneo, sonorità blues e influenze jazz. Una formula nel segno della contaminazione che, dicono, serve a «mettere i popoli e le nazioni insieme, restituendo loro qualcosa».