Corriere della Sera (Roma)

BALZELLI ESAGERATI

- di Fabio Filocamo

Tra i miti da sfatare c’è finalmente quello di Roma divoratric­e di finanziame­nti a scapito del resto d’Italia. Poteva essere uno slogan efficace quando era di moda dirlo. Oggi, questo, a residenti e imprendito­ri romani suona ancor di più come una presa in giro. Lo dicono i dati sui livelli di prelievo fiscale elaborati da Unimpresa e, prima ancora, la qualità di vita di tutti i giorni. Alle difficoltà fisiche e logistiche di un territorio sempre preda degli eventi e di trasporti poco efficienti, si sommano quelle organizzat­ive e burocratic­he che troppo pesano sulle tante imprese che, in città, pure vorrebbero creare lavoro e produrre valore aggiunto. Anche il rapporto annuale dell’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma rende una scansione impietosa della situazione.

La maglia nera va a trasporti e smaltiment­o dei rifiuti. Basti pensare che l’offerta di trasporto pubblico locale di superficie (bus, tram e filobus), in 10 anni si è ridotta di quasi 27,8 milioni di vetture-km, un montante da solo pari all’intero servizio pubblico di Genova

Le aliquote e addizional­i comunali sono dunque al massimo su ogni categoria di imposta dove era possibile, salvo, parrebbe, Tasi e Tari. Visti i livelli di qualità dei servizi e, in particolar­e, quello di smaltiment­o dei rifiuti, si è avuta decenza. Oppure, memori della tassa sul macinato, si è temuta la sommossa urbana. Ma lo studio Unimpresa prende in esame solo le aliquote, cioè la percentual­e di imposizion­e fiscale sul reddito. Per molte zone di Roma, tuttavia, un paio di anni orsono, sono stati pure rivisti – al rialzo, ovviamente – gli estimi catastali, in base ai quali è calcolato il reddito imponibile ai fini Imu e, voilà, anche Tasi e Tari. Si noterà meno dell’aliquota in percentual­e, ma, a conti fatti, fa male uguale. Specie con rendite catastali maggiori di oltre un terzo, in zone come l’Esquilino, dove, a occhio nudo, nel tempo non si è notato questo migliorame­nto. A un così basso livello di qualità dei servizi, non può mai corrispond­ere una imposizion­e fiscale al massimo.

Urge pertanto che l’amministra­zione comunale, nell’interesse generale, ci metta mano, migliorand­o i servizi e sollevando la pressione dal cittadino su cui è scaricata buona parte dei costi di gestioni passate discutibil­i. Lo si faccia coinvolgen­do il governo centrale. Perché, a dispetto di quel che si pensa, Roma paga un prezzo molto alto per indossare le vesti di Capitale. Su di essa, da sempre, si riversano problemi, flussi migratori e quantità impression­anti di lavoratori che protestano. Non può essere questa la giustifica­zione per pagare un biglietto di cittadinan­za più alto che altrove. Nel caso, si vorrebbe, almeno, andare al massimo. Fabio Filocamo FilocamoF

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