BALZELLI ESAGERATI
Tra i miti da sfatare c’è finalmente quello di Roma divoratrice di finanziamenti a scapito del resto d’Italia. Poteva essere uno slogan efficace quando era di moda dirlo. Oggi, questo, a residenti e imprenditori romani suona ancor di più come una presa in giro. Lo dicono i dati sui livelli di prelievo fiscale elaborati da Unimpresa e, prima ancora, la qualità di vita di tutti i giorni. Alle difficoltà fisiche e logistiche di un territorio sempre preda degli eventi e di trasporti poco efficienti, si sommano quelle organizzative e burocratiche che troppo pesano sulle tante imprese che, in città, pure vorrebbero creare lavoro e produrre valore aggiunto. Anche il rapporto annuale dell’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma rende una scansione impietosa della situazione.
La maglia nera va a trasporti e smaltimento dei rifiuti. Basti pensare che l’offerta di trasporto pubblico locale di superficie (bus, tram e filobus), in 10 anni si è ridotta di quasi 27,8 milioni di vetture-km, un montante da solo pari all’intero servizio pubblico di Genova
Le aliquote e addizionali comunali sono dunque al massimo su ogni categoria di imposta dove era possibile, salvo, parrebbe, Tasi e Tari. Visti i livelli di qualità dei servizi e, in particolare, quello di smaltimento dei rifiuti, si è avuta decenza. Oppure, memori della tassa sul macinato, si è temuta la sommossa urbana. Ma lo studio Unimpresa prende in esame solo le aliquote, cioè la percentuale di imposizione fiscale sul reddito. Per molte zone di Roma, tuttavia, un paio di anni orsono, sono stati pure rivisti – al rialzo, ovviamente – gli estimi catastali, in base ai quali è calcolato il reddito imponibile ai fini Imu e, voilà, anche Tasi e Tari. Si noterà meno dell’aliquota in percentuale, ma, a conti fatti, fa male uguale. Specie con rendite catastali maggiori di oltre un terzo, in zone come l’Esquilino, dove, a occhio nudo, nel tempo non si è notato questo miglioramento. A un così basso livello di qualità dei servizi, non può mai corrispondere una imposizione fiscale al massimo.
Urge pertanto che l’amministrazione comunale, nell’interesse generale, ci metta mano, migliorando i servizi e sollevando la pressione dal cittadino su cui è scaricata buona parte dei costi di gestioni passate discutibili. Lo si faccia coinvolgendo il governo centrale. Perché, a dispetto di quel che si pensa, Roma paga un prezzo molto alto per indossare le vesti di Capitale. Su di essa, da sempre, si riversano problemi, flussi migratori e quantità impressionanti di lavoratori che protestano. Non può essere questa la giustificazione per pagare un biglietto di cittadinanza più alto che altrove. Nel caso, si vorrebbe, almeno, andare al massimo. Fabio Filocamo FilocamoF