Corriere della Sera (Roma)

Carrozzeri­a Orfeo, il vizio di vivere (meglio)

Al Piccolo Eliseo «Cous Cous Klan», ambientato in un futuro in cui l’acqua è stata privatizza­ta

- Natalia Distefano

Il teatro di Carrozzeri­a Orfeo somiglia a un vizio a cui non si riesce proprio a rinunciare, mai. Pur sapendo che fa male, malissimo. Perché si crede che una dose di piacere, anche a costo di qualche pegno, aiuti comunque a vivere meglio.

Nell’ultimo spettacolo della compagnia di Gabriele Di Luca, «Cous Cous Klan» in scena da stasera al Piccolo Eliseo, il vizio è ancora una volta quello di scendere negli inferni quotidiani dei perdenti, degli esclusi, dei diversi, intercetta­ti ai margini un’umanità socialment­e instabile, carica di nevrosi e debolezze. Un’operazione affatto indolore (già portata a segno nei precedenti lavori «Thanks for vasellina» e «Animali da bar»), perché il pubblico capisce subito che la finzione è usata come edulcorant­e. Che l’ambientazi­one surreale e distopica della pièce – un futuro in cui l’acqua è stata privatizza­ta, con fiumi, laghi e sorgenti del mondo sorvegliat­i da guardie governativ­e armate, mentre la forbice sociale tra ricchi e poveri si allarga con le città trasformat­e in sconfinate favelas e i quartieri benestanti recintati sotto sicurezza – in fondo non si allontana molto dalla realtà. O, ancora peggio, è uno scenario possibile.

Eppure si ride. «Moltissimo, almeno cento volte», garantisce Di Luca, autore e regista di «Cous Cous Klan» insieme a Massimilia­no Setti, Alessandro Tedeschi. «Sono risate amare, ma non per questo meno divertenti. Portiamo avanti da anni un lavoro di ricerca sulla mescolanza dei generi, per fondere ironia e tragicità, divertimen­to e dramma, in una continua escursione fra reale e assurdo, fra sublime e banale – spiega - con uno stile esasperato capace di generare, al contrario, un provocator­io realismo: spassoso ma mai gratuito e fine a se stesso, muovendoci sul fragile confine dove tutto può all’improvviso risolversi o precipitar­e». Eccolo, dunque, quel vizio dolente e pregiato di saper ridere del tragico che è dietro l’angolo.

Si alza il sipario e ci si ritrova in un parcheggio abbandona- to e degradato alle spalle di un cimitero, tra carcasse di auto, roulotte e accampamen­ti di fortuna, dove (soprav)vive una piccola comunità di sconfitti. C’è Caio, ex prete nichilista e depresso. Il fratello Achille, sordomuto e omosessual­e. La sorella Olga, non più giovane, né magra, senza un occhio, che rincorre la maternità insieme al marito Mezzaluna, un musulmano moderato che contrabban­da rifiuti tossici. Infine Aldo, un borghese in disgrazia che si è ritrovato a dormire per strada, e Nina: il più grande dei loro problemi è la chiave per il loro riscatto sociale. Di Luca li definisce «simpatici falliti», una specie di branco dove ci si azzanna per arrivare salvi all’indomani. «Non ce la fanno ma non si arrendono, sono cinici ma sentimenta­li. Li ho costruiti tenendo a mente Nietzsche e Jung – conclude – perché ci facciano ridere con intelligen­za. Perché il teatro che riempie le sale sia pop e intellettu­ale allo stesso tempo. Ci aiuta a vivere meglio».

 ??  ?? Perdenti I protagonis­ti di «Cous Cous Klan» appartengo­no a una piccola comunità di sconfitti che vive in un parcheggio abbandonat­o
Perdenti I protagonis­ti di «Cous Cous Klan» appartengo­no a una piccola comunità di sconfitti che vive in un parcheggio abbandonat­o

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy