Generazione rap: I giovani leoni star dell’hip hop
Tendenze Gli emergenti dell’hip hop romano Ma le donne sono poche Giovani leoni Orfani delle crew, sono musicisti che raccontano temporali emotivi, disagio e amore
Basta con lo stereotipo da gangster di borgata. Basta con la vita (forzata) di crew e con i paletti di genere tra hip hop, rap, trap che incasellano la musica e scatenano barricate di puristi.
La scena rap romana cambia pelle e ridisegna la sua identità con una generazione di rapper che, prima di tutto, si definiscono (e sono) musicisti. Fluidi come i social e devoti al lavoro quanto un musicista sinfonico, totalmente liberi dall’ossessione di essere artisti «di rottura». «Se dovessi trafficare droga, frequentare la malavita e andare in giro a fare risse con bande avversarie non avrei il tempo di chiudermi in studio e lavorare ai miei pezzi. Il rap è il mio linguaggio, esprime i miei umori e il mio pensiero, ma ascolto di tutto». Quando Sercho (Valerio Apa, di Battistini) si racconta è schietto, autentico, senza peli sulla lingua. In perfetta attitudine rap. Anche le radici sono in linea: «Vengo da piazza Pio IX, a un tiro di schioppo da Primavalle», dice. E ha rifiutato di partecipare a un talent show, non risparmiando critiche all’uso superficiale dei social network. «Controcorrente sì, ma non mi sento un “cattivo” – spiega – e canto l’amore». Oggi incontra i fan all’Holypop Store per presentare «Tenebre», nuovo singolo estratto da «Temporale»: «Un disco fotografico, le canzoni sono istantanee in cui visualizzo il “temporale” emotivo che è in me».
Diverso stile ma stesso approccio e stessa etichetta, la Honiro, per Ultimo (Niccolò Moriconi, classe 1996) atteso al Quirinetta il 20 gennaio per un live (già sold out) prima di partire per il Festival di Sanremo con «Il ballo delle incertezze», in gara nella sezione Giovani. «Ho iniziato a suonare il piano a 8 anni – ricorda e ne avevo 13 quando ho scritto le prime canzoni. Non ho più smesso, elaborando un mio stile». Combina cantautorato e ritornelli rap. Anche lui proviene dalla periferia e anche lui non è interessato all’appartenenza in stile gang. «Sono cresciuto a San Basilio, avrei i numeri per urlare il disagio sociale – assicura – ma la mia musica è introspettiva e con le rime preferisco cavalcare la fantasia». «Pianeti» è il titolo del suo album: «Ci lavoro da prima della selezione a Sanremo, perché il mio progetto esiste e avanza a prescindere».
Nel fronte del nuovo rap romano c’è anche Achille Lauro (Lauro De Marinis, nato nel 1990 alla Serpentara) che col suo «Ragazzi Madre» supera i cliché raccontando la periferia con l’accento non sulla vita di strada ma sull’emarginazione che crea. C’è Mostro (Giorgio Ferrario della Balduina), campione di vendite e di visualizzazioni YouTube. E c’è la deriva glamour dei Dark Polo Gang, dispensatori di versi in abiti griffati. Infine il rap da Latina di Skuba Libre, che stasera al Contestaccio presenta «L’ultima luce». Mentre l’unica dama del rap è Baby K, nata a Singapore ma naturalizzata romana.