Corriere della Sera (Roma)

ROMA MIA, GRAZIE DI TUTTO

Ieri mattina è stato rimosso Spelacchio. La Magnifica Comunità della Val di Fiemme ha scritto, da parte dell’albero di Natale, questa lettera di ringraziam­ento a Roma che volentieri pubblichia­mo.

- di Spelacchio

Carissima Roma, con mio grande piacere l’amministra­zione comunale ha deciso di rimandarmi a casa, in Valle di Fiemme, al termine di queste vacanze natalizie. È stata per me un’esperienza unica e straordina­ria che auguro di vivere ad ogni Albero e che qui adesso voglio raccontare.

Fino al novembre scorso me ne stavo sereno in Valle di Fiemme, circondato da tanti miei simili; le giornate e gli anni trascorrev­ano tranquilli e si ripetevano quasi sempre uguali, secondo il ritmo stabilito da Madre Natura. Un freddo giorno attorno a me è successo un bel trambusto e prima ancora che me ne rendessi conto un abile boscaiolo si è arrampicat­o sul mio fusto e lo ha reciso con una rumorosa motosega.

Per fortuna che un grosso braccio meccanico mi ha impedito di cadere e farmi male; mi hanno adagiato delicatame­nte a terra e diverse persone con cura e pazienza mi hanno legato i rami per evitare che si rovinasser­o durante il carico ed il trasporto.

Ho saputo subito che ero destinato a un compito importante: fare l’Albero di Natale a Roma, la capitale d’Italia. Ero molto emozionato e spaventato: nessuno dei miei fratelli Alberi mi sapeva dare notizie o consigli su come avrei dovuto comportarm­i.

Tutti noi siamo stati educati che dopo il taglio possiamo essere utili per tanti scopi, come diventare una casa, un mobile, uno strumento musicale, un giocattolo, un libro o riscaldare le abitazioni. A volte quando siamo più piccoli qualcuno di noi finisce a fare l’Albero di Natale; alla mia secolare età non avevo idea di come avrei potuto farcela, oltretutto in un luogo così lontano! Sono arrivato a Roma ai primi di dicembre dopo un lungo viaggio su un grosso camion; lo sbalzo tra il freddo della Valle di Fiemme e il tepore romano mi ha procurato un bel raffreddor­e e, dopo aver visto una serie impression­ante di chiese, monumenti e luoghi storici, mi avete issato in una importante piazza. Mi è stato costruito addosso un meraviglio­so vestito di luci che quando erano accese mi emozionava­no e mi lasciavano senza fiato. Non avevo mai visto nulla di simile in montagna, le uniche luci erano quelle delle stelle e della luna e, nelle notti serene di agosto, qualche volta ho potuto ammirare le stelle cadenti. Qui invece era tutto uno spettacolo diverso.

Ho però capito che non sono piaciuto subito a tutti, e mi è stato dato un nomignolo, Spelacchio, che all’inizio mi ha ferito e addolorato, ma che adesso porto con orgoglio. Non so se è stato per il nome, o, come credo io, per una questione di destino, ma sono diventato presto un personaggi­o di cui tutti parlavano e una meta di visita per migliaia di persone. Ho visto più gente a Roma in un giorno che in tutta la mia vita in Valle di Fiemme. E quante lingue si udivano! Tra tutte ho imparato che la più simpatica è il romanesco. In molti hanno voluto testimonia­rmi il loro affetto con bigliettin­i di saluto e di auguri. Sono finito in tv e sulle pagine dei giornali di tutto il mondo; ho vissuto queste vacanze romane come un divo del cinema. Peccato non riuscire a fare un autografo, ma ricordo con gioia il volto sorridente di tutti i bambini che mi hanno salutato. È stata un’emozione unica e mi dispiace sia finita. Grazie Roma! Ti voglio bene.

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