Dipinte o tessute: «Pagine» d’arte firmate Maria Lai
La galleria di via delle Mantellate inaugura «Pagine», una retrospettiva dedicata al lavoro di Maria Lai (1919-2013)
Si conoscevano da tanto tempo. Da quando, correva l’anno 1970, Stefania — all’epoca giovane architetto e non ancora gallerista di punta — prese in affitto una stanza nell’atelier della grande scultrice, sarda d’indole e nascita ma di romana d’adozione con studio in viale Medaglie d’Oro
Da allora un rapporto mai interrotto, non solo professionale ma di stima e amicizia. Motivo per cui quella che si apre oggi alle 18 nello Studio Stefania Miscetti è sì una mostra, ma è sopratutto un omaggio in ricordo di lei — Maria Lai (19192013) — artista sempre più in odore di culto (e basti citare, in un’agenda di tributi via via sempre più fitta, le recenti celebrazioni alla 57esima Biennale di Venezia e a Documenta 14 in edizione ateniese e in versione Kassel). «Sorrido — racconta Stefania Miscetti — pensando a quando erano in pochissimi a interessarsi a lei e al suo lavoro, rispetto all’enorme successo che ha avuto negli ultimi anni tra pubblico e collezionisti. Successo peraltro meritatissimo, ma che lei, schiva per natura, non ha mai cercato». Pagine il titolo scelto per questa selezione costruita in collaborazione dell’Archivio Maria Lai: circa quaranta opere realizzate tra gli anni Cinquanta e gli anni Duemila, lavori su tavola e su carta, ceramiche e i celebri libri e teli cuciti con fili stracolmi di poesia. «Le Pagine cui il titolo allude sono letteralmente quelle appartenenti alle opere esposte e metaforicamente quelle attinenti alla storia dell’artista». Un’artista solitaria, volitiva, forte, arcaica, presente per la quarta volta con una personale in questa galleria: «La prima senza Maria — ricorda Miscetti — dopo la performance-installazione del 1991, La leggenda di Maria Pietra, dopo le personali Una fiaba infinita, 1994, e A portata di mano, 2005, oltre a una lunga serie di incontri». Una storia ripercorsa ora in mostra con una sezione di foto e documenti ad affiancare le opere e i quattro video in cui Maria racconta il suo lavoro: gli inizi come allieva di Arturo Martini nella Roma dei primi anni Quaranta, la prima personale all’Obelisco di via Sistina, fino alla sua maniera più nota e riconoscibile: i lavori cuciti, i telai, i pani e le terrecotte, le opere legate alla letteratura e alle tradizioni popolari, fino alle performance ambientali sul territorio sardo. Tra queste anche la ciclopica azione collettiva Legarsi alla
montagna. Quando Maria, rifiutando la commissione per un monumento ai Caduti in Guerra nel suo paese, Ulassai, decise piuttosto di realizzare un monumento per i vivi. Così: reinterpretando un’antica leggenda locale (Sa Rutta de
is’antigus, la grotta degli antichi) e legando tra loro tutti gli abitanti — donne, bambini, anziani, pastori — tutte le porte, tutte le vie e le case di Ulassai grazie a 27 chilometri di nastri di stoffa. Celeste come il cielo.