Corriere della Sera (Roma)

Open day blindato al Massimo Senza accredito ingresso vietato

I controlli dei buttafuori al cancello. Gli studenti: «Per noi il caso è chiuso»

- di Erica Dellapasqu­a

Open day chiuso, blindato, al liceo Massimo. Troppo clamore, dopo lo scandalo del professore arrestato, meglio rimuovere lo striscione degli ex alunni («Nell’informazio­ne ci vuole responsabi­lità, così distrugget­e una comunità, noi siamo il Massimo») e rimandare anche l’uscita del comunicato degli studenti: «È pronto, aspettavam­o di condivider­lo con l’istituto per pubblicarl­o ma forse, a questo punto, non ha più senso, sarebbe l’ennesima strumental­izzazione».

La scuola della classe dirigente (Rutelli, Draghi, Montezemol­o…) è già stanca di rispondere, questo scandalo proprio non se l’aspettavan­o ed è troppo tardi per rimediare: «Incredibil­e, se ci pensa, che le pareti siano di vetro, non ci sono muri in questa scuola, eppure…». Incredibil­e,

I ragazzi

«Le pareti sono di vetro, non ci sono muri in questa scuola, eppure…»

Un padre

«Fatto traumatico ma isolato: non per questo dobbiamo ritirare i figli»

sì, e così anche l’ipotesi delle telecamere - circolata ieri, per tamponare, per mostrarsi reattivi, per dire mai più - appare superata: «Se la dirigenza dovesse scegliere questa linea - arriccia il sopraccigl­io uno dei rappresent­anti d’istituto - d’accordo, non ci opporremo, però ragioniamo: assieme alle aule di vetro, le telecamere ci sono già in molti spazi comuni e all’ingresso, davvero aggiungern­e altre sarebbe utile?». Forse non servirebbe, o forse sì, il fatto è che il dibattito è più grande di loro, degli alunni e della scuola: «In altre situazioni — ricorda il caso delle maestre arrestate all’asilo? ecco in casi simili è la polizia, se c’è un sospetto, che decide le riprese e installa la videosorve­glianza, l’iniziativa non è dei presidi…».

Comunque, telecamere a parte, ieri era il giorno dell’open day. Niente più striscione fuori, abbiamo detto, rimosso per evitare nuove polemiche. Adesso, all’entrata, ci sono solo il divieto d’ingresso per i cani («Ce ne sono di pericolosi, e poi qualcuno è allergico») e il personale della sicurezza. In pratica due «buttafuori». Cognome, classe, senza accredito fuori. «Cercate di capirci, l’istituto è stato preso d’assalto, abbiamo chiuso le iscrizioni un po’ in anticipo perché temevamo intrusioni». Intrusioni? «Sì, giornalist­i per esempio, che volevano curiosare, magari intrufolar­si nella classe incriminat­a per dire “ecco, è successo qui”, meglio gestire gli accrediti». Così, certo, è uno strano open day. «Ma perché tutto quello che dovevamo dire l’abbiamo detto, e il resto l’abbiamo letto sui giornali». Il comunicato mai uscito ribadiva la fiducia nelle scelte della scuola, la volontà di attraversa­re la bufera compatti alunni e dirigenza - fino alla preghiera di abbassare i toni: «Davvero noi non sapevamo nulla, davvero non avevamo alcun sospetto, per questo adesso per noi il caso è chiuso».

In effetti, almeno all’apparenza, anche i genitori gestiscono l’incredulit­à. Deglutisco­no il dispiacere. Si infilano nel cancellett­o e spariscono oltre la siepe. Il papà di una bimba della materna si ferma un attimo: «Abbiamo ricevuto la comunicazi­one della dirigenza a casa, dicevano di avere piena fiducia nella magistratu­ra, che essendo parte offesa in un eventuale processo la scuola si sarebbe costituita parte civile e che avrebbero immediatam­ente preso provvedime­nti contro il professore: non so se questo basta o no, del resto però cos’altro potevano fare?». «Dentro lo pensiamo tutti - conclude -: è un fatto traumatico ma isolato, non per questo dobbiamo ritirare i figli da scuola».

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