Open day blindato al Massimo Senza accredito ingresso vietato
I controlli dei buttafuori al cancello. Gli studenti: «Per noi il caso è chiuso»
Open day chiuso, blindato, al liceo Massimo. Troppo clamore, dopo lo scandalo del professore arrestato, meglio rimuovere lo striscione degli ex alunni («Nell’informazione ci vuole responsabilità, così distruggete una comunità, noi siamo il Massimo») e rimandare anche l’uscita del comunicato degli studenti: «È pronto, aspettavamo di condividerlo con l’istituto per pubblicarlo ma forse, a questo punto, non ha più senso, sarebbe l’ennesima strumentalizzazione».
La scuola della classe dirigente (Rutelli, Draghi, Montezemolo…) è già stanca di rispondere, questo scandalo proprio non se l’aspettavano ed è troppo tardi per rimediare: «Incredibile, se ci pensa, che le pareti siano di vetro, non ci sono muri in questa scuola, eppure…». Incredibile,
I ragazzi
«Le pareti sono di vetro, non ci sono muri in questa scuola, eppure…»
Un padre
«Fatto traumatico ma isolato: non per questo dobbiamo ritirare i figli»
sì, e così anche l’ipotesi delle telecamere - circolata ieri, per tamponare, per mostrarsi reattivi, per dire mai più - appare superata: «Se la dirigenza dovesse scegliere questa linea - arriccia il sopracciglio uno dei rappresentanti d’istituto - d’accordo, non ci opporremo, però ragioniamo: assieme alle aule di vetro, le telecamere ci sono già in molti spazi comuni e all’ingresso, davvero aggiungerne altre sarebbe utile?». Forse non servirebbe, o forse sì, il fatto è che il dibattito è più grande di loro, degli alunni e della scuola: «In altre situazioni — ricorda il caso delle maestre arrestate all’asilo? ecco in casi simili è la polizia, se c’è un sospetto, che decide le riprese e installa la videosorveglianza, l’iniziativa non è dei presidi…».
Comunque, telecamere a parte, ieri era il giorno dell’open day. Niente più striscione fuori, abbiamo detto, rimosso per evitare nuove polemiche. Adesso, all’entrata, ci sono solo il divieto d’ingresso per i cani («Ce ne sono di pericolosi, e poi qualcuno è allergico») e il personale della sicurezza. In pratica due «buttafuori». Cognome, classe, senza accredito fuori. «Cercate di capirci, l’istituto è stato preso d’assalto, abbiamo chiuso le iscrizioni un po’ in anticipo perché temevamo intrusioni». Intrusioni? «Sì, giornalisti per esempio, che volevano curiosare, magari intrufolarsi nella classe incriminata per dire “ecco, è successo qui”, meglio gestire gli accrediti». Così, certo, è uno strano open day. «Ma perché tutto quello che dovevamo dire l’abbiamo detto, e il resto l’abbiamo letto sui giornali». Il comunicato mai uscito ribadiva la fiducia nelle scelte della scuola, la volontà di attraversare la bufera compatti alunni e dirigenza - fino alla preghiera di abbassare i toni: «Davvero noi non sapevamo nulla, davvero non avevamo alcun sospetto, per questo adesso per noi il caso è chiuso».
In effetti, almeno all’apparenza, anche i genitori gestiscono l’incredulità. Deglutiscono il dispiacere. Si infilano nel cancelletto e spariscono oltre la siepe. Il papà di una bimba della materna si ferma un attimo: «Abbiamo ricevuto la comunicazione della dirigenza a casa, dicevano di avere piena fiducia nella magistratura, che essendo parte offesa in un eventuale processo la scuola si sarebbe costituita parte civile e che avrebbero immediatamente preso provvedimenti contro il professore: non so se questo basta o no, del resto però cos’altro potevano fare?». «Dentro lo pensiamo tutti - conclude -: è un fatto traumatico ma isolato, non per questo dobbiamo ritirare i figli da scuola».