Una lotta al terrore per niente comica
Uscendo dal teatro, l’India, dopo aver visto lo spettacolo mi sono fermato a leggere tre o quattro recensioni affisse in una bacheca. Erano quasi tutte provenienti da blog, in tutte ricorrevano le stesse cose, ricorreva l’espressione «una situazione comica» in un momento difficile, o terribile, o tragica. Lo spettacolo, prodotto dalla compagnia CapoTrave di Sansepolcro, quella che organizza il festival Kilowatt, è intitolato «La lotta al terrore», un titolo che può avere una parvenza di giustificazione solo se lo si intende come paradossale: ma di comico nello svolgimento dei fatti e in ciò che i personaggi dicono non c’è nulla, c’è solo che lo hanno scritto in locandina gli autori, Lucia Franchi e Luca Ricci (che è anche regista). La situazione è questa: tre persone, un impiegato, un segretario e il vicesindaco sono asserragliati in una stanza del Comune di un piccolo paese e sopraffatti dalla notizia che là fuori c’è un tizio con un fucile. Li coglie il panico, sono letteralmente bloccati, incapaci di fronteggiare la situazione. Secondo Franchi e Ricci sarebbe un’immagine della nostra impreparazione, l’emergenza ci travolge, per di più siamo intolleranti (il terrorista è figlio di un fruttivendolo turco – se non ho capito male, cioè di uno di casa, uno che sta lì tutti i giorni). La comicità sarebbe il risvolto dell’inadeguatezza, ma è roba da mediometraggio televisivo in stile commedia all’italiana mezzo secolo dopo. I tre attori sono Simone Faloppa, Gabriele Paolocà e Gioia Salvatori.