Banda Magliana Preso in Spagna latitante da 15 anni
Preso ad Alicante Fausto Pellegrinetti: deve scontare 13 anni
La fuga Il bandito protetto da false identità e telefoni intestati ad altri e cambiati di continuo
Da quindici anni era ricercato e da poco meno era nascosto in Spagna, protetto da false identità e telefoni intestati ad altri e cambiati di continuo. Ma come per il suo gruppo criminale di orgine il passato sembra sempre tornare, anche il conto da saldare con la legge alla fine è arrivato a bussare a casa del latitante. Per la precisione in un attico di gran lusso ad Alicante, dove Fausto Pellegrinetti, uno degli intramontabili eredi della Banda della Magliana, è stato arrestato tre giorni fa alla vigilia del suo compleanno. Oggi di anni ne ha 76.
A scovarlo nella città spagnola è stata un’operazione congiunta della polizia italiana e quella locale partita dall’ultima traccia, risalente a due anni prima. Pellegrinetti aveva documenti a nome di tale Roberto Bergamelli e non ha opposto resistenza. Con gli agenti che hanno fatto irruzione ci sarebbe stato anche uno scambio di battute: «Ti ricordi di via Genova? (sede della questura di Roma, ndr»; «È un po’ che ci manco».
Il bandito deve scontare una condanna a 13 anni per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico e al riciclaggio per aver acquistato negli anni ‘90 circa 550 chili di cocaina e reinvestito guadagni pari a 6 miliardi di lire. Davanti al giudice spagnolo si è opposto all’estradizione e per portarlo in Italia bisognerà attendere qualche giorno.
I suoi precedenti arresti guidano a ritroso nella decennale carriera criminale. Il primo risale al 1977. Poi, tra un’inchiesta e l’altra, evade nell’ottobre del 1993 dalla clinica romana «Belvedere Mondello», dove scontava i domiciliari. Il mandato di cattura europeo a suo nome, arrivato a compimento in Paseo del Pintor Fernando Soria 9, è di dieci anni dopo.
Nel curriculum di Pellegrinetti, oltre alla Banda della Magliana, ci sono legami con il clan dei Marsigliesi, cosche della ‘ndrangheta e famiglie di camorra. E una conseguente lunga lista di precedenti. Nel 1980 era nel gruppo del Tufello che si accordò con i boss della Magliana — Danilo Abbruciati, Edoardo Toscano e Antonio Mancini — per il controllo su toto nero, rapimenti ed estorsioni. Per anni compare in fatti di sangue, poi comincia a mutare pelle per passare dalla strada alla gestione di traffici di droga e soldi tra Europa, Colombia e Stati Uniti.
Le indagini della Dda romana, condotte dalla Squadra Mobile e dal Servizio centrale operativo di polizia hanno evidenziato come le cautele per nascondersi fossero ancora massime: «Vogliamo mandare un messaggio a tutti i grandi latitanti: non importa quanto tempo passa, abbiamo la pazienza per arrivare a prendervi», ha detto il dirigente dello Sco, Alfredo Fabbrocini.