PARISI, UN REGALO A PD E M5S
Qualcuno temeva che l’erta montagna del centrodestra avrebbe partorito il più classico dei candidati topolini per la presidenza della Regione Lazio. Aveva peccato di ottimismo. Dopo infiniti sondaggi, pranzi, telefonate e veti incrociati, la scelta è caduta su Stefano Parisi, uomo perbene ma, politicamente, figlio di nessuno. Un ex socialista da tutti rispettato ma non amato. Un figlio del compromesso, di un’intesa raggiunta più per sfinimento che per convinzione.
Per converso, la decisione rappresenta un’ottima notizia per il governatore Pd uscente, Nicola Zingaretti, e per la grillina Roberta Lombardi, ormai da tempo in campagna elettorale e che – a soli 38 giorni dal voto del 4 marzo – si trovano di fronte un centrodestra diviso. Il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, candidato indipendente di area centrodestra dal 9 novembre, ha infatti ribadito che non si ritirerà e, forte di appoggi e simpatie anche all’interno dei partiti che hanno indicato Parisi, sembra destinato a condannare FI-Lega-FdI a bissare la brutta sconfitta alle comunali di Roma nel 2016. Non bisogna essere raffinati strateghi per capire che una decisione presa in extremis, con un nome che non è una calamita (Parisi ha peraltro perso la corsa a sindaco di Milano contro Sala) è un compromesso che salva solo la facciata. Del resto, i sondaggi non offrono alcun conforto a Parisi che, non a caso, ha ottenuto un paracadute da parlamentare.
Ma non è tutto. Il punto, osserva riservatamente qualche esponente della coalizione, è che stavolta c’è l’election day e un risultato debole nel Lazio potrebbe rivelarsi un prezzo elevato da pagare nei collegi di Camera e Senato. Un prezzo, aggiungono, che potrebbe minare la vittoria complessiva del centrodestra in Parlamento.
C’è allora da chiedersi perché Pirozzi, l’unico che i sondaggi indicavano in grado di tenere testa o forse battere Zingaretti, sia stato rifiutato. E perché gli sia stato proposto di tutto ma sia stato ritenuto inadatto per guidare la Regione. Qualcuno, nel centrodestra, giura che il motivo sia uno solo: l’amicizia con Salvini. Dopo Lombardia e Veneto, anche il Lazio alla Lega? Inaccettabile per Forza Italia e Fratelli d’Italia. Solo veleni interni alla coalizione? Lo vedremo tra 38 giorni.