«È solo gente che fa del bene al quartiere»
A Nuova Ostia c’è anche chi gioisce per gli arresti, ma in silenzio. L’ira delle donne
La Ostia liberata e la Ostia reticente e complice: i due volti di una parte del litorale sotto scacco del clan Spada. L’anima spaccata a metà, tra quella che difende gli arrestati («È solo gente che fa bene al quartiere») e quella che applaude la polizia. Solo che quest’ultima ha paura, teme che gli arresti siano temporanei e i boss tornino a dominare a Nuova Ostia. Il quartiere che ieri si è svegliato accerchiati da elicotteri e lampeggianti.
La Ostia liberata e la Ostia reticente e complice: i due volti di una parte del mare della Capitale sotto scacco del clan Spada. L’anima spaccata a metà, tra quella che inveisce contro i poliziotti e quella che li applaude. Solo che la seconda ha paura, gioisce e sussurra, col timore che gli arresti siano temporanei e i boss tornino a dominare a Nuova Ostia. I quartieri del litorale romano si sono svegliati accerchiati da elicotteri e luci lampeggianti. Un salto indietro nel tempo a quel luglio del 2013, quando con l’operazione «Nuova Alba» (e poi la bis «Tramonto»), a cadere sotto la stretta di procura e divise furono i Triassi e i Fasciani. Un cerchio perfetto, anche nel nome dei blitz, l’ultimo, quello di ieri, intitolato «Eclissi». «Torneremo forse a camminare a testa alta per strada, senza la paura di vedere cose che non devi vedere», commenta la raffica di arresti Mario, un residente a spasso con il cane nel feudo della mala, proprio davanti al bar gestito da Roberto Spada e poi sequestrato. Ma sono pochi quelli come lui a volersi esporre, a spiegare cosa significa vivere accanto al male. Dalle ville del clan i simboli dell’oppressione su Nuova Ostia salutano la città: statue di marmo bianco, dal sapore kitsch, leoni e guerrieri romani sulle case di via Cagni, via Vincon o piazza Gasparri. Un’opulenza ostentata, il segno di riconoscimento che però contrasta con il degrado in cui sprofonda il quadrato di viuzze a due passi dal lungomare e dal porto turistico. Lo stesso marciume su cui i boss hanno costruito il loro potere. «Ma che volete ancora? È gente che fa del bene al quartiere» li difende una signora davanti la villa di Carmine Spada in via Santa Barbara. Poco prima si era riunita insieme alle altre «donne del clan» davanti alla caserma dei carabinieri di via Zambrini. Un rito ormai quello della processione di proteste e urla, seguite dalla consegna di viveri e sigarette per gli arrestati. «Ma quale mafia, se ti fai gli affari tuoi qui campi bene», recita la litania un avventore del bar all’angolo di via Storelli; è il ritratto perfetto dell’omertà diffusa nel rione, tra chi non vuole vedere per convenienza ma anche per paura. «Venite a vedere come viviamo, le case comunali cadono a pezzi. - invita invece Mirella, residente in via Baffigo, dove gli Spada sceglievano gli inquilini da sfrattare perché magari l’appartamento serviva per la droga – Questo è vero, il mio vicino l’hanno preso a calci e buttato fuori, non aveva pagato le dosi. Però è impensabile denunciare, dovete capire, qui comandano loro, speriamo che non sia più così ma sono davvero tanti…». Bisbiglii di una città che vuole cambiare. «Sono solo un papà preoccupato, - si presenta così un altro signore - per i ragazzi qui non c’è alternativa allo spaccio, il rischio è che vengano arruolati dai boss». Ora chissà, forse i figli di Nuova Ostia avranno un futuro migliore.