QUANDO IL ROMANO HA COLPA
uesta volta i politici non c’entrano. Non si potrà dare la colpa al sindaco Virginia Raggi, al governo, alla pioggia e nemmeno alle salite impossibili di Monte Mario o ai sampietrini: la sostanziale latitanza del bike sharing a Roma è il costo che una grande città paga per l’inciviltà (speriamo) di pochi. Nella Capitale un operatore di Singapore come oBike ha fatto una timida comparsa da poche settimane e già le biciclette senza stallo, che si possono prendere e lasciare ovunque grazie a un’app sullo smartphone, hanno fatto una pessima fine. I romani ricordano bene come andò a finire con il bike sharing del Comune: furti, distruzioni e atti vandalici. Stalli vuoti e cittadini a piedi. Il film si ripete. È colpa di una minoranza incivile? Forse. Probabile. Ce lo auguriamo tutti. Ma non ci si può non interrogare sul perché in città come Milano ci siano diversi servizi come Mobike e Ofo, a Parigi le sedie pubbliche abbondino come funghi presso Le jardin de Luxembourg, a Londra si trovino tranquillamente delle sedie a sdraio a Regent Park mentre a Roma non si riesca a rispettare una banale bicicletta. Peraltro, diciamolo, talmente brutta (nessuna offesa, le progettano appositamente così) da essere a prova di tentazione. Con la lente pignola del confronto è facile scivolare sui luoghi comuni e, per dirla tutta, sono passati i tempi in cui si poteva pensare di attraversare sulle strisce a Milano senza incontrare un paio di automobilisti che vi scambino per potenziali birilli.
Ma allo stesso tempo il confronto permette di comprendere che anche se al nostro occhio cittadino lo spettacolo può apparire ormai normale non è così per chi arriva magari con la «metropolita na d’Italia» Milano-Roma e riparte con questo pessimo biglietto da visita in testa. Da sempre pregiudizio alimenta pregiudizio. Facciamo tre esempi: 1) a Pechino, dove il fenomeno del bike sharing è nato, regna il caos. Biciclette ovunque. Parcheggio selvaggio. I (nostri) pregiudizi sui cinesi trovano facile terreno fertile. 2) A Milano, dove il fenomeno è arrivato prima, le Mobike e le Ofo sono addirittura parcheggiate allineate in un eccesso di ordine: ormai sono uno status symbol intragenerazional e con uomini con il Borsalino che passano le bici a ragazzi con zaini dai nomi impronunciabili come Fjällräven. 3) Roma. Bici rotte e stalli vuoti. Appunto.