Il mondo raccontato da Magnum: e la foto si fa Storia
Al Palazzo delle Esposizioni cento opere dell’artista scomparso nel 2014
Al Museo dell’Ara Pacis una mostra celebra la storia dell’agenzia fotografica Magnum, fondata nell’aprile 1947 da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, George Rodger e David Seymour. Il gotha del fotogiornalismo è ospitato fino al 3 giugno lungo un percorso diviso in tre sezioni: gli ideali di libertà posbellici, la frammentazione degli anni dai Settanta ai Novanta, le orme espressive grazie alle quali i fotografi Magnum continuano a cogliere i mutamenti del mondo.
Ripercorrendone oggi, retrospettivamente, l’intero cammino d’artista — a quattro anni dalla scomparsa nella sua Roma, dove era nato nel 1940 — Cesare Tacchi appare sempre più un rappresentante di punta di un’intera stagione, — autore di opere nette, iconiche e perché no, anche gioiose.
Un artista, Tacchi, capace soprattutto di evocare alla perfezione il clima felice di un’epoca — gli anni Sessanta — di una città e di una sua piazza, Piazza del Popolo, in quegli anni luogo del mondo dove si incontravano, dipingevano, si amavano e litigavano artisti e galleristi tra i migliori di quegli anni. E volti, luoghi e atmosfere di quel periodo sempre più in odor di mito emergono alla perfezione nella mostra inaugurata ieri al Palazzo delle Esposizioni (fino al 6 maggio, www.palazzoesposizioni.it).
Un omaggio, a cura di Daniela Lancioni e Ilaria Bernardi, che raccontando l’opera di Cesare racconta anche atmosfere e tensioni di oltre mezzo secolo. L’impianto dell’esposizione è cronologico: taglio scelto per meglio evidenziare il percorso dell’artista («un giovane solitario silenzioso e castigato», lo definì la critica ai suoi esordi) testimoniato grazie a un centinaio di opere: la serie degli smalti su tela, i dettagli di macchine da corsa o figure e monumenti di una Roma sparita (lo si evince fin dai titoli di certe opere: Circolare rossa, Piazza
Navona dall’automobile). Spazio, ovviamente, anche alle opere per cui Tacchi è più famoso: i dipinti estroflessi e imbottiti, le cosiddette «tappezzerie» dal gusto così italianamente pop, dove «coppie felici» sedute in poltrona, sdraiata su letti o su prati si affiancano (molto pop anche questo) ai volti di amici e compagni di strada (Renato Mambor, Paola Pitagora...). Ben selezionati anche gli apparati documentari, con video e immagini che ricordano anche altri protagonisti del tempo, dal gallerista-fotografo Plinio De Martiis — che ospitò nella sua Tartaruga la prima personale di Cesare, 1965 — a Elisabetta Catalano.