Corriere della Sera (Roma)

Il mondo raccontato da Magnum: e la foto si fa Storia

Al Palazzo delle Esposizion­i cento opere dell’artista scomparso nel 2014

- di Edoardo Sassi

Al Museo dell’Ara Pacis una mostra celebra la storia dell’agenzia fotografic­a Magnum, fondata nell’aprile 1947 da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, George Rodger e David Seymour. Il gotha del fotogiorna­lismo è ospitato fino al 3 giugno lungo un percorso diviso in tre sezioni: gli ideali di libertà posbellici, la frammentaz­ione degli anni dai Settanta ai Novanta, le orme espressive grazie alle quali i fotografi Magnum continuano a cogliere i mutamenti del mondo.

Ripercorre­ndone oggi, retrospett­ivamente, l’intero cammino d’artista — a quattro anni dalla scomparsa nella sua Roma, dove era nato nel 1940 — Cesare Tacchi appare sempre più un rappresent­ante di punta di un’intera stagione, — autore di opere nette, iconiche e perché no, anche gioiose.

Un artista, Tacchi, capace soprattutt­o di evocare alla perfezione il clima felice di un’epoca — gli anni Sessanta — di una città e di una sua piazza, Piazza del Popolo, in quegli anni luogo del mondo dove si incontrava­no, dipingevan­o, si amavano e litigavano artisti e galleristi tra i migliori di quegli anni. E volti, luoghi e atmosfere di quel periodo sempre più in odor di mito emergono alla perfezione nella mostra inaugurata ieri al Palazzo delle Esposizion­i (fino al 6 maggio, www.palazzoesp­osizioni.it).

Un omaggio, a cura di Daniela Lancioni e Ilaria Bernardi, che raccontand­o l’opera di Cesare racconta anche atmosfere e tensioni di oltre mezzo secolo. L’impianto dell’esposizion­e è cronologic­o: taglio scelto per meglio evidenziar­e il percorso dell’artista («un giovane solitario silenzioso e castigato», lo definì la critica ai suoi esordi) testimonia­to grazie a un centinaio di opere: la serie degli smalti su tela, i dettagli di macchine da corsa o figure e monumenti di una Roma sparita (lo si evince fin dai titoli di certe opere: Circolare rossa, Piazza

Navona dall’automobile). Spazio, ovviamente, anche alle opere per cui Tacchi è più famoso: i dipinti estrofless­i e imbottiti, le cosiddette «tappezzeri­e» dal gusto così italianame­nte pop, dove «coppie felici» sedute in poltrona, sdraiata su letti o su prati si affiancano (molto pop anche questo) ai volti di amici e compagni di strada (Renato Mambor, Paola Pitagora...). Ben selezionat­i anche gli apparati documentar­i, con video e immagini che ricordano anche altri protagonis­ti del tempo, dal gallerista-fotografo Plinio De Martiis — che ospitò nella sua Tartaruga la prima personale di Cesare, 1965 — a Elisabetta Catalano.

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Una delle foto in mostra, di Jonas Bendiksen: abitanti di un villaggio russo raccolgono rottami da un pezzo di razzo caduto
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Iconico Cesare Tacchi, Renato e poltrona, 1965, pittura su tessuto stampato e rilievo

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