Magnum 70 anni di un mito
Al museo dell’Ara Pacis una mostra celebra la storia dell’agenzia fotografica fondata da Capa, Cartier-Bresson, Rodger e Seymour
Era l’aprile del 1947, tra New York e Parigi: una di quelle date destinate a entrare nella storia (se non nella leggenda...) della fotografia. Un poker di giganti — Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, George Rodger e David Seymour — fondò allora Magnum Photos. E oggi a celebrare il settantesimo anniversario di quella che diverrà la più grande agenzia fotogiornalistica del mondo, è il Museo dell’Ara Pacis con una mostra inaugurata ieri e aperta al pubblico fino al 3 giugno. La prima tappa europea e unica italiana di un’esposizione internazionale che ha cominciato il suo tour globale nel giugno 2017 all’International Center for Photography di New York.
Protagoniste, celebri immagini e storici reportage nel segno del fotogiornalismo, il vero marchio distintivo del
carattere Magnum. I suoi autori da sempre hanno infatti documentato guerre, testimoniato tensioni sociali, interpretato il loro tempo, ritratto tanto le persone comuni quanto i grandi della terra, preconizzando non di rado i drammi del futuro.
Curata da Clément Chéroux — direttore della fotografia al Moma di San Francisco — e promossa da Roma Capitale con Contrasto e Zètema, la mostra è ovviamente costruita attingendo alla storia e all’archivio dell’Agenzia, non di rado con immagini divenute icone del loro tempo ed entrate nell’immaginario collettivo. Dal reportage sui lavoratori immigrati negli Usa, realizzato da Eve Arnold negli anni Cinquanta, ai ritratti teneri e intimi di Elliott Erwitt; dagli scatti degli zingari di Josef Koudelka, fino alla toccante serie realizzata nel 1968 da Paul Fusco sul «Funeral Train», il treno che trasportò la salma di Robert Kennedy nel suo ultimo viaggio verso il cimitero di Arlington. Poi, le serie più recenti dei nuovi autori Magnum: dalla «Spagna Occulta» di Cristina Garcia Rodero, alle osservazioni antropologiche, sotto forma di fotografie, realizzate nel mondo da Martin Parr; dalla cruda attualità del Sudamerica documentato da Jérôme Sessini, fino al Mar Mediterraneo tenebroso nelle dure notti dei migranti fotografato da Paolo Pellegrin, l’italiano che sarà protagonista di una importante personale nell’autunno del 2018 al Maxxi, curata da Germano Celant.
Tre le sezioni in cui è suddiviso il percorso espositivo: la prima è incentrata sugli ideali di libertà, uguaglianza, partecipazione che emersero dopo la seconda guerra mondiale; la seconda racconta la frammentazione del mondo tra gli anni Settanta e Novanta del Novecento, con uno sguardo particolare rivolto alle minoranze e agli esclusi; la terza infine segue le diverse forme espressive grazie alle quali i fotografi Magnum hanno colto i mutamenti del mondo e i pericoli che lo minacciano. Oltre ai progetti fotografici individuali e collettivi, nell’allestimento sono incluse anche proiezioni, copertine di riviste, articoli di giornali, libri.
Maestri Gli scatti di Elliott Erwitt, Josef Koudelka, Marc Riboud, Paul Fusco, Eve Arnold Italiano Il Mar Mediterraneo in tempesta e le notti dei migranti nel lavoro di Paolo Pellegrin