Elio: sono Re Artù senza le Storie Tese
La voce della band al Brancaccio in «Spamalot». «A Sanremo solo per salutare i fan»
«Al Festival di Sanremo non siamo andati per la gara, ma per salutare i nostri fan. E dopo il tour d’addio, ognuno per la sua strada»: così si racconta dall’Ariston Elio, il 12 maggio al Palalottomatica con gli Elii tutti, da domani al Brancaccio senza la band (ma con la collaborazione di Rocco Tanica) per Spamalot, Re Artù alla maniera dei Monty Python. «Meglio lasciarsi quando si è al massimo».
Il loro umorismo surreale non è stato premiato al festival di Sanremo, dove sono arrivati ultimi, ma gli Elii a ranghi ridotti (Elio interprete, Rocco Tanica traduzione e adattamento) sono da sold out con Spamalot, musical tratto dal film-cult Monty Python e il Sacro Graal del gruppo comico britannico, da domani al Brancaccio.
Un eterno addio alle scene, il loro. È Elio stesso a confermare, durante una pausa del Festival: «Sarà questo il futuro della band, esibirci anche insieme, ma al di fuori della gabbia del gruppo Elio e le Storie Tese. Abbiamo deciso di andarcene nel momento in cui siamo ancora una formidabile macchina da guerra, ma un po’ stanchi. Non come quelle band che si spengono pian piano, dando il peggio. Non abbiamo mai suonato così bene come adesso!». Il live del dicembre scorso ad Assago era stato presentato come il Concerto d’addio: «Sì, vero, ma non ci aspettavamo tante manifestazioni d’affetto. A volte la vita prende strade imprevedibili. Così abbiamo deciso di andare noi a casa dei fan, e lanciare un tour d’addio del nuovo album Arrivedorci (il 12 maggio al Palalottomatica ndr) contenente il live e due inediti».
Commenta, raffreddatissimo a poche ore dalla finale: «Il Festival è una macchina che distrugge, ma per chi lo guarda un rito: la terza e la quarta festa comandata italiana. Siamo affezionati a quel palco. Quest’anno come lo vi- viamo? Ritmo frenetico, con alcune disfunzioni in prova che al pubblico non arrivano. Per noi ha un sapore agrodolce, perché sappiamo che sarà l’ultima volta. Ci presentiamo come inguaribili mattacchioni, ma siamo molto commossi». E, ad esito ancora sconosciuto: «Mai pensato di essere in gara. Il direttore artistico Baglioni ci ha rivolto accorati appelli e così, pieni di orgoglio, abbiamo deciso che sarebbe stata un’altra occasione di salutare i fan. D’altra parte è il festival dei cani e porci — scherza —, c’è di tutto».
Gli Elii come altri che si sono lasciati e ritrovati da cani sciolti. Anche per questo musical sulle gesta di Re Artù: «Il Teatro Nuovo di Milano mi ha chiesto se mi andasse di lavorare sul testo dei Monty Python, che uscì come film nel 1975 e venne poi adattato per il teatro da uno di loro, Eric Idle. Io ho aderito subito con entusiasmo e per l’adattamento ho chiamato il mio compagno d’avventure Rocco Tanica. Siamo una bella squadra, con attori che interpreta- no anche quattro ruoli diversi, diretti da Claudio Insegno».
La chiave? «Quel tipo di comicità inglese vanta una schiera di appassionati, ma non piace a tutti. A volerla
italianizzare, si finisce per stravolgerla. Così ci siamo attenuti all’originale. Il rischio è il nostro mestiere. E la risposta è arrivata, positiva e inaspettata: mai avuto un riscontro teatrale così buono come con Artù! Anche da parte di abbonati avanti con l’età che dopo il primo quarto d’ora di straniamento si sbellicano dalle risate». Precisa Elio: «Ovviamente il mio personaggio è lontanissimo dalla saga storica: è un cialtrone che arruola cavalieri incapaci di ogni impresa. Una specie di Armata Brancaleone». Riferimenti all’Italia d’oggi? «No, solo a me stesso. Ed è già abbastanza».
Abbiamo deciso di andarcene nel momento in cui siamo ancora una formidabile macchina da guerra, ma un po’ stanchi. Non come quelle band che si spengono pian piano, dando il peggio