Corriere della Sera (Roma)

Lettera aperta di uno studente: «Non siamo una scuola classista Dove c’è ignoranza, c’è razzismo»

- Mario Soldaini Studente del liceo Visconti - «Classicist­a non classista».

Riceviamo e pubblichia­mo una lettera di uno studente del liceo Visconti di Roma, dopo le polemiche per l’autovaluta­zione dell’istituto: «Qui altoborghe­si e senza disabili».

«Sul mio liceo, il Visconti, in cerca di sciatto sensaziona­lismo, è stata lanciata l’accusa di razzismo perché ci sono pochi stranieri, ma non è assurdo affermare che uno studente sia razzista se non ha compagni stranieri? Il razzismo, come ho imparato a scuola, è avere paura di sedersi al tavolo con un uomo «diverso». L’ho imparato in uno dei tanti sabati in cui gli studenti del Visconti partecipan­o alla mensa del «Caravita»: serviamo i pasti e ci fermiamo a mangiare e a parlare con gli ospiti della mensa e prendiamo più di quello che diamo. È vero che c’è anche chi serve qualche pasto, ma non si ferma a mangiare. Ma tutto questo fa parte dell’essere diversi. La vita e la visione della vita ce li stiamo costruendo ognuno come può sul proprio banco ogni giorno. La definizion­e di scuola classista, elitaria è qualcosa che aborriamo, qualcosa che a me per primo fa male. Vengo da Garbatella, quartiere popolare, non sono certo un figlio di papà. Vado a scuola ogni giorno con l’autobus e sono uno dei «Rappresent­anti di istituto» (un altro è italo giapponese). La mia compagna di banco impiega un’ora e mezza per arrivare da Morlupo e come lei ci sono altri pendolari.

Sono orgoglioso e felice di rappresent­are la mia scuola e quelli che ne fanno parte, perché tra i ragazzi c’è sintonia e aperture che non hanno nulla a che vedere con le accuse che ci sono state indirizzat­e.

Dove c’è ignoranza, lì sì c’è razzismo e classismo. La scuola italiana che tanto ora si vuole difendere è la stessa che ogni giorno, ogni anno, sia nella via più centrale di Roma ma ancora di più nella periferia più bisognosa, è oltremodo lasciata a sé. Una scuola da difendere perché sia di nuovo madre e non più seconda alla strada stessa».

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