Scontro medici-Regione
I camici bianchi: troppa burocrazia. La Pisana: no a passi indietro
La Regione richiede alle cliniche che fanno riabilitazione nel Lazio 1 miliardo perché il 90% delle cartelle cliniche dal 2009 a oggi sarebbero «inappropriate», irregolari. I medici, però, non ci stanno a passare per «truffatori». La Regione replica: i controlli fanno fatti, come prevede la legge. Indietro non si torna».
«Il 90% delle cartelle cliniche di malati curati in cliniche e centri di riabilitazione convenzionati del Lazio per la Regione sarebbero inappropriati, irregolari, ma noi non siamo tutti truffatori, nè incompetenti». Fisiatri, neurologi, geriatri pneumologi, cardiologi e esperti di riabilitazione, che lavorano tra l’altro in 30 case di cura, 2 istituti scientifici e in centri specializzati, lanciano l’allarme dopo che la giunta Zingaretti ha bocciato la maggior parte dei documenti esaminati dal 2009 a oggi. Un volume di pagamenti annui di oltre 250 milioni per 2.500 posti letto: in pratica la Regione chiede indietro alle cliniche circa 1 miliardo di euro.
Replicano dalla giunta Zingaretti: «Stiamo solo applicando un decreto del 2012 che ha avuto numerose pronunce favorevoli del Consiglio di Stato sia sulle modalità di applicazione che sulla retroattività». Sui numeri, però, il quadro delineato dalla Regione appare molto diverso: «L’ammontare delle sanzioni per inappropriatezza delle prestazioni erogate elevate verso le strutture accreditate è stato di 33 milioni nel 2012 e di 22 milioni nel 2013». Per gli anni successivi comunque il trend «è in progressiva riduzione per una migliore appropriatezza: sono pertanto destituite di ogni fondamento le cifre e i numeri diffusi dalle associazioni dei medici». Del resto i controlli sono «imprescindibili e non si possono fare passi indietro sottolineano dall’assessorato regionale alla Salute -. La sfida dell’appropriatezza deve essere un obiettivo comune per migliorare le cure e usare al meglio le risorse pubbliche».
I camici bianchi, però, la pensano diversamente: «Così si mettono sul lastrico 10 mila posti di lavoro - lamenta Carlo Damiani, segretario regionale della Simfer( Società di medicina fisica e riabilitativa) -. I controlli non possono essere solo burocratici, basandosi sulle ore di riabilitazione fatte al giorno (3 per legge ndr): se in cartella clinica c’è scritto 2 ore e 55 minuti la riabilitazione non viene pagate e se c’è scritto 3 ore viene pagata. Bisogna tenere conto della qualità». Parole condivise da Rita Formisano che rappresenta la Sirn (Società di riabilitazione neurologica): «Dopo 60 giorni di riabilitazione, il malato viene dimesso dalle nostre strutture, ha ancora bisogno di assistenza, ma nel Lazio manca una rete di centri per curarlo e aiutarlo». Più duro Walter Santilli del Collegio dei professori universitari: «Siamo il bancomat della Regione che con noi ripiana i debiti». E Jessica Faroni, presidente dell’Aiop Lazio (case di cura), rincara la dose: «I controlli fatti in questo modo non creano qualità. Si è verificato un comportamento scorretto della Regione che ha quadrare i bilanci a spese dei pazienti e dei professionisti del settore».