Trafficanti di droga: colf dei vip arrestate
Spaccio di shaboo, otto in manette
Lo shaboo - anche «droga dei kamikaze» - arrivava in scatolette di carne prodotta nelle Filippine. Cristalli simili a quelli del sale grosso, avvolti nel cellophane. La banda di trafficanti internazionali che spacciava questa droga a Ro- ma nord (ma anche al Nomentano) era composta da filippini residenti nella Capita- le, dove risultano collaboratori domestici di liberi professionisti e imprenditori. Il gruppo era riuscito a guadagnare oltre un milione di euro. È quello che emerge dall’operazione conclusa ieri dai carabinieri della compagnia Trionfale, che hanno sgominato l’organizzazione con otto arresti.
Lo shaboo - anche «droga dei kamikaze» - arrivava in scatolette di carne prodotta nelle Filippine. Cristalli simili a quelli del sale grosso, avvolti nel cellophane, «sotto uno strato di sostanza gelatinosa e maleodorante, incartata in un foglio di carta carbone». Così il gip Giovanni Giorgianni descrive nella sua ordinanza uno dei carichi di stupefacente a base di d-metanfetamina cloridrato intercettato nel maggio di due anni fa al Trionfale. La carta carbone serviva per eludere i controlli ai raggi X all’aeroporto di Fiumicino, visto che di per sé lo shaboo è inodore e quindi sfugge al fiuto dei cani antidroga.
Accorgimenti di una banda di trafficanti internazionali di questo tipo di stupefacente che ha effetti simili alla cocaina, ma di durata più lunga (fino a 24 ore), con gravissimi danni a cuore e reni, nonché allucinazioni. Spacciandolo al dettaglio a Roma Nord, ma anche fra Nomentano, Trionfale e Monte Mario, un gruppo di filippini residenti nella Capitale, dove risultano collaboratori domestici di liberi professionisti e imprenditori, era riuscito a guadagnare oltre un milione di euro. È quello che emerge dall’operazione conclusa ieri dai carabinieri della compagnia Trionfale che, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno arrestato otto persone, quattro in carcere e quattro ai domiciliari. Per gli investigatori dell’Arma a capo della banda (ma dalle Filippine) c’era però Florentino Castillo Panopio, 64 anni - anche lui raggiunto da una misura cautelare -, in rappresentanza di un cartello della droga locale, insieme con la sorella Victoria e al marito Edwin Chavez Ebora che - sempre secondo il gip - a Roma erano invece «incaricati di ricevere i corrieri e provvedere a un primo occultamento dello stupefacente importato, prima del suo smistamento a soggetti deputati alla vendita». Spacciatori che potevano vendere un grammo di shaboo a 350-400 euro. E i clienti, molti romani, non mancavano mai. Proprio a Roma è stato sequestrato un carico record: due chili e 200 grammi: visto il costo di una singola dose, avrebbe garantito un incasso di quasi 900 mila euro. Soldi poi rispediti nelle Filippine dopo che Julieta Villanueva Dungao, 52 anni, aveva curato lo spaccio nella Capitale, con versamenti presso i money trasfer mai superiori ai mille euro e a nome di «teste di legno» per evitare i controlli antiriciclaggio. Per chi finiva in carcere c’era l’avvocato pagato, per chi sgarrava il terrore che il boss lo facesse punire. Senza pietà.