LE BUCHE? BASTA AGGIRARLE
La premessa è che il problema di crepe, buche e voragini sull’asfalto, a Roma, c’è da anni: ma le attenuanti sono già finite. Perché non solo nel presente non c’è traccia di quella «rivoluzione» immaginata dall’attuale sindaca, Virginia Raggi, nella campagna elettorale di venti mesi fa – quando disse no all’ «evento straordinario» delle Olimpiadi per promettere la cura ordinaria della città e una manutenzione attenta, puntuale, quotidiana – ma soprattutto perché, in assenza di una visione complessiva, non si intravedono neanche le tracce del cambiamento sognato. Il tema delle buche è il migliore per descrivere non i mali della città ma l’approccio del Comune nella ricerca di una soluzione: perché i «rimedi» fin qui adottati servono, per lo più, ad evitare che il Campidoglio paghi i risarcimenti chiesti dai cittadini. Così si spiegano, ad esempio, i limiti di velocità: in una metropoli assediata dal traffico e dalla lentezza dei trasporti pubblici, ci siamo trovati con strade – dalla Tangenziale alla Colombo – da percorrere non oltre i trenta all’ora. Soprattutto, negli ultimi giorni, si scopre che 25 linee dell’Atac sono state deviate su percorsi alternativi per evitare la Parigi-Dakar dei tracciati d’origine.
In sintesi, e sempre in attesa dei lavori stradali promessi, la strategia amministrativa che trapela è chiarissima: il problema non si risolve, si aggira. Esattamente come a Roma è sempre accaduto. O perfino peggio.