Strade intatte e alberi che non cadono Ecco Siviglia dopo 15 giorni di pioggia
La normalità è uno choc quando l’anormalità è la regola. Siviglia, un week end di temporali e bufere, al termine di due settimane di forte maltempo. Un clima «barbaro», come viene definito per il suo carattere selvaggio. Eppure non una buca si apre lungo la circonvallazione esterna (una sorta di Tangenziale est capitolina), non una pietra del basalto del centro storico (come i sampietrini romani) appare sconnessa, non c’è un ramo a terra anche se i giardini del Real Alcazar sono chiusi per precauzione, e i fiumi d’acqua che scorrono verso i chiusini nei momenti di maggior intensità della pioggia, spariscono un minuto dopo che questa smette. Non ci sono allagamenti o corse di bus saltate. La spazzatura viene raccolta in bidoni che si aprono al sottosuolo e non ci sono sacchetti che galleggiano in strada. Anche gli argini del Guadalquivir, sgombri di fango, smottamenti, insediamenti abusivi, tornano terreno per ciclisti e corridori. La Cartuja, ex zona industriale dismessa, è rinata con i fondi dell’Expo ‘92. E le antiche fabbriche di ceramiche (come forse potevano essere il Gazometro o l’ex Miralanza con i fondi olimpici) sono delle oasi di verde e cultura. Piove come non ci si aspetta in una città Andalusa, eppure questo non diventa una notizia di cronaca (nera) sui giornali del giorno dopo.