Dente e la musica: «Cantautorato? Solo canzonette»
Con il poeta Guido Catalano in «Contemporaneamente Insieme» all’Auditorium La regia è di Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale
«Ai cantautori è stato attribuito un ruolo che non chiedevano di avere. Negli anni Settanta erano nel mirino, presi d’assalto come gli intellettuali. Ma la loro funzione era, ed è ancora, di puro intrattenimento. Gli si è dato un peso esagerato»: si capisce subito che Dente non è un musicista che sta nelle mode. Basta vedere lo spettacolo di stasera all’Auditorium: con il poeta Guido Catalano sarà protagonista di Contemporaneamente Insieme, una serata di rimandi fra note e parole, versi e musica. Dove il musicista si fa poeta, ma può succedere anche il contrario. «La regia di Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale, che, essendo uomo di teatro, sa come inserire ingredienti accattivanti, comprende un momento in cui viene proposta una sorta di candid camera: ci ha ripresi di nascosto mentre chiedeva a me cosa pensassi di Catalano, e a Guido che cosa di me».
Una parte sarà dedicata allo sfottò verso i cantautori, «perché non fanno ciò che raccontano nelle canzoni. Io mi riconosco nel periodo felice degli anni Sessanta e Settanta, e questo mi consente di avere un pubblico ampio, di miei coetanei — ho 42 anni — e anche di persone con venti anni di più. Ma adesso il Paese è cambiato. Ogni paragone è senza senso. Se già allora si dava troppa importanza a ciò che era semplicemente musica, ora cantiamo ciò che succede: io dal racconto d’amore sono passato a una fase più intimista. La paura d’invecchiare, il tempo che passa. La chiave non è ottimistica. Anzi: sfioro il pessimismo leopardiano!».
Del 2016 è Canzoni per metà, album che non mancherà stasera, insieme ad inediti che confluiranno in un nuovo disco «in cui mi lascio guidare da un produttore e faccio meno di testa mia. Una caratteristica dei grandi è essere dentro al loro tempo, contemporanei. Ecco, questo sarà un disco più attuale. Sto scrivendo, a fine marzo inizio a registrare».
Il primo passo è sempre la scrittura. Per Dente («quel nome mi è stato dato da piccolo, non si sa bene perché») l’ermetismo è un valore, non un limite. «Amo lo stile sintetico: usare poche parole per esprimere concetti ampi. Nel 2015 ho scritto un libro di fiabe brevi per bambini, edito da Bompiani, Favole per bambini molto stanchi. Ho frequentato l’Istituto tecnico di Fidenza, la mia città natale. Non mi piaceva. Con fatica sono di-
ventato perito elettronico. Fin da piccolo ho amato la musica. E attraverso la musica ho conosciuto i poeti, per esempio Mallarmé e Rimbaud passando per le canzoni di Jim Morrison. A 12-13 svaligiavo i negozi di dischi. A 20 le prime band. Fra i miei riferimenti di allora Giuseppe Ungaretti. A stupirmi erano soprattutto le poesie brevi».
Quale rapporto con i social media? «Sono avvantaggiato, ho un’età per cui alla nascita
ancora non esistevano. Li considero una risorsa incredibile e una grande perdita di tempo. Anch’io ne sono sopraffatto. In questo momento ho l’Iphone all’orecchio e il computer aperto davanti a me». Però sul comodino dell’albergo Stoner, romanzo del 1965 di John Edward Williams: «Un super romanzo americano, me ne hanno parlato molto bene».
Negli anni 60 e 70 si dava troppa importanza alla musica, chi componeva canzoni era preso d’assalto come gli intellettuali. Ma la sua funzione era, ed è, di puro intrattenimento