Corriere della Sera (Roma)

«Mariam mia, uccisa da botte e indifferen­za Mi fa male sapere che nessuno ti ha aiutato»

Nottingham, il padre della ragazza: l’autista del bus non ha dato l’allarme

- Di Rinaldo Frignani

Ne ha per tutti il papà di Mariam. «Voglio risposte ai miei perché dall’autista del bus dove mia figlia è stata picste chiata: perché non ha chiamato la polizia? Dai medici dell’ambulanza e da quelli del Queen’s Medical Centre, dalla polizia, ma soprattutt­o da quelle sei belve. Voglio rispo- da tutti», spiega da Nottingham dove attende che gli venga restituita la salma della ragazza per poter organizzar­e i funerali. «Quella sera nessuno l’ha aiutata - dice ancora l’ex pizzaiolo di Ostia che nel 2014 si è trasferito a Nottingham con la famiglia -, lei aveva paura di stare qui. Prima di morire mi ha detto che due delle bulle avevano già picchiato lei e la sorella ad agosto. Mariam - aggiunge - aveva paura di stare qui, se avesse potuto sarebbe tornata subito a Roma»

«Mariam aveva paura di stare qui. Voleva andare via. E per la verità nemmeno noi ci stiamo più tanto bene. Se avesse potuto sarebbe tornata subito a Roma. E noi con lei». Hatim Mohamed Moustafa non può fare a meno di ammetterlo. La morte della figlia, uccisa dalle bulle di Parlamient Street e - ma saranno le indagini a stabilirlo - forse anche dalla superficia­lità di qualche medico, non lo ha soltanto sconvolto. Lo ha catapultat­o all’improvviso in una realtà violenta che nemmeno immaginava. E Nottingham, da dove racconta il dramma che sta vivendo, gli appare ora sotto una luce completame­nte diversa.

Hatim, cosa l’ha impression­ata di più di questa atroce storia?

«Che tutti hanno visto ma nessuno ha chiamato la polizia. Nemmeno l’autista del bus dove si trovava Mariam. È vero che si è messo in mezzo dopo aver sentito trambusto in coda al mezzo ma poi non ha chiamato gli agenti. L’ho fatto io, cinque ore più tardi, quando mia figlia si è sentita male e l’ho portata in ospedale. Quello da dove l’hanno poi dimessa dicendo che aveva un piccolo problema al cervello. Ma come piccolo? E solo cinque ore più tardi sono andati a esaminare l’autobus, a vedere se c’erano macchie di sangue o altro».

È riuscito a sapere qualcosa delle ragazze ora accusate dell’aggression­e a Mariam?

«Brutta gente, sono sei, mi hanno detto che adesso le hanno anche arrestate. Fanno paura, sono pericolose. Avrebbero picchiato anche me. Vengono da un ambiente balordo che non è quello dove viviamo noi a St Ann’s (quartiere residenzia­le di Nottingham, ndr). Loro vanno ancora a scuola, mia figlia andava all’università». Mariam e la sorella Mallak le conoscevan­o?

«Assolutame­nte no, solo che dopo l’aggression­e, prima che perdesse conoscenza, mia figlia mi disse che due di quelle che le avevano già picchiate ad agosto facevano parte del gruppo di Parlamient Street. Quindi ce l’avevano proprio con loro. Mi devono dire perché. Tanta gente mi deve dei perché. L’autista, i medici dell’ambulanza, la polizia, il primo ospedale. Ma soprattutt­o quelle sei belve». Avete intenzione di denunciare anche i medici?

«Il mio avvocato si sta occupando di tutto».

Quattro anni fa lei e la sua famiglia vi siete trasferiti da Ostia in Inghilterr­a.

«Volevo solo farla stare meglio. Non posso negare che qui il business è un’altra cosa rispetto all’Italia. Il lavoro, lo studio, tutto. Uscendo da quel college (dove studiava ingegneria, ndr) Mariam avrebbe subito trovato un impiego. Siamo venuti qui perché a Roma non potevamo più andare avanti: gestivo una pizzeria, mi occupavo anche di antiquaria­to, ma gli affari non andavano bene. Il futuro era incerto, ma proprio non pensavo che sarebbe tutto finito in questo modo orribile». Sa già quando saranno celebrati i funerali?

«No, il corpo di mia figlia è ancora lì dentro (all’obitorio, ndr), non ce l’hanno restituito perché devono fare altri ac-

certamenti».

Lunedì, a Nottingham come a Ostia, la gente è scesa in strada per ricordare sua figlia.

«Ringrazio tutti. Mi ha fatto molto piacere. Sono cose che ti fanno stare meglio, almeno un po’. Ti senti su, ma dura poco perché non puoi fare a meno di pensare a quello che è successo e a come è successo. Voglio chiarezza su tutti gli aspetti di questa storia, voglio sapere chi ha ucciso mia figlia, ma anche chi ha sbagliato».

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Vittima Mariam, uccisa di botte

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