Atac, il concordato «inidoneo»
Il Tribunale civile: progetti generici e perizie superficiali. Il nodo dei soldi alle banche
Non solo il concordato preventivo sottoposto ai giudici appare «inidoneo» ma risulta anche approssimativo sotto i profili tecnici. Il 30 maggio è fissata l’udienza al tribunale civile. Per allora Atac dovrà fare il grande sforzo di adeguare il piano. Nel decreto dei giudici La Malfa, Odello e Argan tutte le critiche alla procedura disegnata dalla municipalizzata. Generiche le promesse di aumentare i ricavi, non supportate le promesse dei controllori, inattendibili le proposte di digitalizzazione dell’azienda.
Sballate le perizie, soprattutto quella degli immobili. Atac ha scordato perfino di far fare una perizia sulla sede.
Progetti generici. Perizie superficiali. Attestazioni lacunose. Nelle ventidue pagine di decreto con cui i giudici del Tribunale civile fissano l’udienza per il 30 maggio, Antonino La Malfa, Lucia Odello e Luigi Argan rimproverano ad Atac approssimazioni e inadeguatezze del piano sottoscritto da Carlo Felice Giampaolino.
Non solo il concordato preventivo sottoposto ai giudici — e passato al vaglio dei pm con osservazioni e prescrizioni — appare qui e là «inidoneo» ma risulta anche approssimativo sotto alcuni profili tecnici. Per esempio non contempla l’ipotesi di un insuccesso della procedura e dà per scontato che, con la messa in liquidazione aziendale, precipiti anche il valore degli asset. Sbagliato, dicono i giudici: la liquidazione atomistica di Atac sarebbe scongiurata dal fatto che il servizio verrebbe garantito anche sotto il controllo dell’autorità giudiziaria. Dunque sarebbe stato più corretto stimare i beni sia in un caso (successo) che nell’altro (fallimento).
Più chilometri come?
Al di là della premessa tecnica — che però rende l’idea di certi abbagli presi dai commissari — i giudici sollevano obiezioni nel merito.
L’impegno ad aumentare i chilometri coperti («offerta chilometrica») e di conseguenza i guadagni? Premesso che per far fronte agli obblighi sono necessari uomini e mezzi, secondo i magistrati si tratta di un impegno vago e imprecisato: «Non è chiaro — dicono — come la società possa far fronte con proprie risorse al pagamento di 89 milioni per il parziale rinnovamento del parco mezzi nel 2020» mentre è impegnata a pagare i creditori. Il piano promette un nuovo modello di manutenzione? «Non è in alcun modo esplicitato quale e in che cosa dovrebbe consistere» si legge.
Controllori sconosciuti
C’è poi il nodo della digitalizzazione aziendale che dovrebbe incrementare i ricavi dalla vendita dei biglietti. Ora non solo, dicono i giudici, «questi interventi appaiono del tutto indeterminati» e «solo abbozzati nei contorni» ma, soprattutto, «non appare ragionevole ritenere che la semplificazione dell’acquisto dei biglietti comporti di per sé un aumento delle vendite».
Critiche anche su quella parte del piano che promette un riposizionamento commerciale dell’azienda e di incrementare i ricavi attraverso le multe agli evasori. Prima di tutto non si può valutare «l’incidenza positiva dei 100 nuovi controllori in assenza di dati circa il numero attuale degli addetti e il volume attuale delle sanzioni irrogate in proporzione dell’attuale assetto». Secondo poi, non è chiaro come Atac conti di incrementare i ricavi dei biglietti «in un quadro, nei primi due anni, di sostanziale rigidità dell’offerta e di domanda del servizio». Terzo ed ultimo «il dedotto incremento dei ricavi pubblicitari (ipotizzati, ndr) non è supportato da alcun elemento concreto che possa avvalorarne l’effettivo realizzo».
C’è poi il nodo dell’efficienza. Solo che quando si tratta di affrontare la razionalizzazione dei costi il piano si dimostra altrettanto astratto e «non individua, con specificità, in cosa consistano gli interventi in programma così da valutare, con un percorso logico, la loro effettiva realizzabilità e la con-
creta incidenza positiva nella riduzione dei costi». Immobili sottostimati Se il piano appare bisognoso di singole modifiche le perizie sono complessivamente da bocciare.
Soprattutto quella sugli immobili aziendali stimati o meglio sottostimati dalla Duff& Phelps appare «insufficiente», «inidonea» e complessivamente «inattendibile». Curiosamente, sottolineano i giudici, ci si è limitati a un sopralluogo esterno senza pesare (sarebbe stato opportuno vista l’età dei beni) l’eventuale impatto di un esame ambientale per la presenza di sostanze come l’amianto e altre.
Ma il punto più grave è un altro. La stessa perizia sembra escludere un mercato ordinario di quei beni fuori dalla continuità aziendale. Questo assunto, dicono i giudici «non appare condivisibile» mentre è possibile ricollocare «tali beni adibiti a rimesse, depositi, e parcheggi multipiano» in un «più ampio mercato ordinario».
Non bastasse, il piano non ipotizza soluzioni contestuali per quei creditori titolari di ipoteca sugli stessi immobili che potrebbero essere messi in vendita.
Non è la sola perizia insoddisfacente: «La stima del valore degli autobus e del magazzino (perizia Bernardini) non dà alcun conto dei criteri eseguiti e quindi ne impedisce il logico riscontro e negativamente incide sulla relazione attestativa». Insufficiente allo stesso modo la stima del valore dei treni. Niente stima sulla sede Trascurate anche alcune stime che avrebbero dovuto forse essere fatte per prime, anche per il valore -simbolo di cui sono portatrici. É il caso di una valutazione della sede Atac, valutazione che, sorprendentemente, non è stata fatta benché si tratti di una parte del patrimonio.
Ultima défaillance, il rimborso alle banche di 55 milioni con un nuovo accordo del 2017: «Prescindendo da qualsiasi riflessione circa la possibile illiceità degli atti stessi», avvertono i giudici, anche questo accordo va pesato ai fini del concordato «atteso che la possibile revocabilità di tali pagamenti — essendo i destinatari certamente solvibili — deve rientrare nell’alveo del possibile».
Questione banche Per i magistrati andava prevista la revocabilità di 55 milioni alle banche