Termini, stuprò una ventenne Il pm: condannatelo a 4 anni
Il racconto choc della studentessa finlandese. Il legale: pena proposta bassa
Ragazza «Pensavo di morire: se fossi fuggita mi avrebbe colpito con la pietra»
«Quando ho capito che voleva violentarmi ho avuto paura di morire». Inizia così il ricordo della notte di terrore vissuta dalla studentessa finlandese stuprata vicino a Termini da Saddam Khan, 23 anni, bengalese. Ieri, nel corso della prima udienza dell’abbreviato, il pm Andrea Cusani ha chiesto una condanna a quattro anni e quattro mesi per l’imputato, arrestato l’11 settembre scorso, 48 ore dopo l’abuso. Oltre alla violenza sessuale la procura ha contestato a Khan – da sette anni in Italia - anche le lesioni, mentre ha chiesto l’applicazione delle attenuanti generiche visto che è incensurato.
«La pena proposta è bassa: spero che il gup si discosti di molto dalle richieste del pm», sottolinea l’avvocato di parte civile, Angelo Leonardi. Ora la sua assistita, 20 anni, è in Finlandia in attesa della sentenza prevista per il 19 aprile. Ma il dramma che ha vissuto in quelle tremende ore ha riecheggiato nell’aula. Il pm infatti ha più volte richiamato la testimonianza resa nell’incidente probatorio dalla vittima, venuta a fine agosto a Roma per imparare l’italiano.
La serata ha inizio verso le 20,30, quando incontra a Trastevere due amiche. Da lì le giovani in taxi raggiungono lo Yellow Bar, vicino Termini. Durante la serata la finlandese beve qualche drink, finché alle quattro del mattino decide di andare a dormire. Fuori dal bar c’è il bengalese che si offre di accompagnare a casa lei e una delle amiche. La compagna rifiuta. «Invece io mi sono fidata», confida agli inquirenti. Arrivati a un parcheggio, stando al racconto della giovane, Khan si toglie la maschera: «Mi ha detto che voleva essere baciato in cambio del passaggio. Gli ho risposto che non volevo, ma lui mi ha ripetuto che pretendeva il bacio». Lei – ricorda in lacrime – cede. «Ero sola», spiega. A quel punto l’imputato l’avrebbe aggredita. «Ho provato a scappare, ma mi ha ripreso e mi ha messo una mano davanti alla bocca per non farmi urlare». Il bengalese la costringe ad allontanarsi e la porta in una strada buia. Di nuovo lei grida. E lui la zittisce. Poi la percuote con una sasso. Quello è il momento peggiore: «Ha detto che se avessi provato a fuggire ancora, mi avrebbe colpito con la pietra. Ho avuto paura di morire».