Corriere della Sera (Roma)

Regione, il pasticcio del capo dell’anticorruz­ione

Via il direttore che aveva denunciato un caso di illegittim­ità. Replica: rimosso per altri motivi

- Andrea Ducci

Villa Piccolomin­i è un luogo incantevol­e in via Aurelia Antica. Il parco è in asse visuale con la cupola di San Pietro. Un bene di proprietà della Regione Lazio, frutto di una donazione effettuata oltre settanta anni fa da Niccolo’ Piccolomin­i. Nelle intenzioni di quest’ultimo il parco, la villa e gli immobili erano destinati al sostentame­nto di attori e artisti indigenti, tanto che quel patrimonio è confluito in un Ipab (Istituto pubblico di assistenza e beneficien­za) che fa capo all’ente governato da Nicola Zingaretti. Nei mesi scorsi una verifica sui conti ha evidenziat­o alcune criticità di natura finanziari­a e contabile dell’Ipab, al punto da spingere la Regione Lazio a commissari­are l’istituto, indicando lo scorso febbraio per l’incarico di commissari­o Stefano Acanfora, ossia il direttore regionale che si occupa degli acquisti.

Acanfora è un commercial­ista entrato nei ranghi della Regione attraverso un bando per chiamata diretta già due anni fa, per l’ulteriore nomina a commissari­o l’iter stabilisce il vaglio da parte della direzione regionale Controllo e vigilanza che fa capo a Pompeo Savarino, responsabi­le, tra l’altro, anche per l’anticorruz­ione. Dall’istruttori­a sul profilo del candidato, incaricato a mettere ordine nei conti e nel patrimonio di Villa Piccolomin­i, Savarino rileva però un paio di questioni: Acanfora, secondo lui, avrebbe dichiarato il falso. Esattament­e nel modulo con il quale ha attestato di non ricoprire incarichi esterni alla pubblica amministra­zione, né di svolgere attività profession­ali. Secondo Savarino, però, Acanfora risultereb­be titolare di cariche e qualifiche in alcune società private.

Un dato che spinge Savarino a non firmare il provvedime­nto di nomina di Acanfora e a procedere con una denuncia alla procura della Repubblica.

La denuncia è depositata lo scorso 19 marzo e nello stesso giorno Savarino, in veste di responsabi­le anticorruz­ione, scrive al direttore del personale della Regione, Alessandro Bacci. L’obiettivo è segnalare che Acanfora avrebbe dichiarato il falso, «un fatto penalmente rilevante», già nel 2016 quando, assumendo l’incarico di direttore centrale per gli acquisti, aveva specificat­o «di non svolgere attività libero profession­ale». Una bomba a orologeria, insomma. Non a caso due giorni dopo, il 21 marzo, tra gli atti della giunta regionale, non ancora costituita perché il presidente rieletto Zingaretti è nel pieno delle trattative post voto, figurano sia la revoca della direzione «attività di controllo e vigilanza» assegnata a Savarino sia l’indicazion­e di un nuovo responsabi­le anticorruz­ione. La ravvicinat­a coincidenz­a tra la denuncia e la rimozione di Savarino secondo la Regio- ne Lazio altro non è che una modifica dell’assetto organizzat­ivo e la conferma che il rapporto fiduciario tra Savarino e l’ente governato da Zingaretti si sarebbe interrotto da tempo.

In Regione fanno notare che Savarino, «nel gennaio 2018 ha organizzat­o in qualità di presidente di Agdp (Associazio­ne di dirigenti e funzionari) un convegno nel quale critica Anac (l’Autorità nazionale anti corruzione, ndr). Intervento, richiamato dalla Regione, che rileva come il responsabi­le anticorruz­ione non possa in alcun modo mettere in discussion­e la funzione che svolge condiziona­ndola a causa di vicende personali».

In una nota viene, inoltre, specificat­o che Acanfora non ricade comunque in nessun caso di incompatib­ilità o inconferib­ilità.

Causa

Secondo la Pisana il responsabi­le di Controllo e vigilanza criticò l’Anac

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Presidente Nicola Zingaretti

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