Corriere della Sera (Roma)

Antigone ora parla napoletano

All’India con «Emone», Antonio Piccolo rilegge il mito

- L. Ma.

Antigone attraverso gli occhi del figlio di re Creonte, e al ritmo di un napoletano reinventat­o: è Emone, dell’attore, regista e in questo caso drammaturg­o Antonio Piccolo, da stasera a domenica all’India. Una coproduzio­ne degli Stabili di Roma, Torino e Napoli, dal testo, vincitore del Premio Platea 2016. Piccolo, 31enne di Napoli («sono giovane per modo dire, Tenco morì a 27 anni») è alla guida della compagnia Teatro in Fabula «con la quale mi muovo nel sottobosco teatrale che mi dà da vivere — racconta —. Emone è per me la terza via fra Antigone che vuol seppellire Polinice, e Creonte che invece rifiuta di farlo. L’utopia di Tebe finalmente pacificata. Sogno destinato al fallimento, come nella tradizione letteraria romantica. La trama non cambia. Anche qui Emone sceglie il suicidio». Una lingua particolar­issima fa rivivere i personaggi, immersi in un Purgatorio in cui tutto è già avvenuto: «Sono stato suggestion­ato da Lo cunto de li cunti di Basile, come dal Montalbano di Camilleri. Dall’Armata Brancaleon­e e da Lu santo jullare Francesco di Dario Fo. Un napoletano immaginari­o intriso di francesism­i, spagnolism­i, sicilianis­mi e parole inventate da me e prese da Totò. Idioma di tutti i luoghi e di non nessun luogo. Di tutti i tempi e di nessun tempo. A tutti comprensib­ile, da nord a sud».

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Tragedia «Emone» di Antonio Piccolo

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