Tozzi e il suo coraggio di dire «Ti amo»
Il cantautore domani in concerto al Teatro Olimpico: tour per i 40 anni (più 1) del suo celebre disco
«Un brano nato per disperazione. Avevo fatto un primo disco andato malissimo. Con Ti amo mi sono giocato tutto. Quel riff, un blues all’italiana, è stato fra i più venduti della storia del pop. La canzone che ha segnato la mia carriera, come Satisfaction per i Rolling Stones o Yes It is per i Beatles»: a quel brano, che definisce «il più originale» anche se estremamente popolare, Umberto Tozzi ha deciso di dedicare un tour antologico e un nuovo disco, 40 anni che ti amo in Arena, registrato l’ottobre scorso a Verona. Domani il viaggio approderà al Teatro Olimpico.
«Ti amo», per chi era la dedica?
«Per nessuno! Volevo solo raccontare il coraggio di dire a una persona “ti amo”».
La scaletta romana?
«Per un quarto sarò solo in scena con la mia chitarra. Io musicista. Subito dopo entra la band e proponiamo un repertorio anche vecchio con l’aggiunta di due inediti, Io mi chiamo Blu e Io con te. Mi diverto a suonare, e scelgo soprattutto ciò che piace a me».
Dagli anni 90 la sua casa è a Montecarlo.
«Già da tanto ho avuto la fortuna di varcare il confine di Chiasso: all’estero sono molto conosciuto. Con mia moglie e i miei figli, Gianluca e Natasha, abbiamo fatto i bagagli tanto tempo fa. Loro hanno frequentato le scuole internazionali. Non ho mai staccato il cordone ombelicale. Ma non ho rimpianti: abbiamo scelto di vivere in un posto più sereno. Mia moglie si convinse ad andar via dopo una brutta rapina in casa, a Roma».
L’Italia vista da fuori?
«Al bivio più serio da quando l’abbiamo lasciata. La condizione della sanità è sempre peggiore, il futuro per i giovani neanche lontanamente paragonabile ai mie anni. Capisco che le nuove generazioni scappino».
Lei ha vissuto l’epoca d’oro della canzone.
«Il talento non basta. Serve anche la fortuna. Come chitarrista mi sono divertito tanto, poi spontaneamente è arrivata la passione per la scrit- tura. Ho vissuto un periodo storico e creativo irripetibile, il primo ad aprire la strada era stato Lucio Battisti».
Anni di grandi fratture politiche, anche.
«Succedeva che cantanti di sinistra che seguivano un percorso di nicchia venissero favoriti, la musica pop invece penalizzata. Ma non si può dire che abbiamo scritto solo canzonette, se siamo ancora qui a cantare brani di 40 anni fa! Giovani compresi. In Italia mi sono sentito sempre in qualche modo sminuito. Ora non ci penso più, anche perché ho un vasto pubblico e ricevo continue gratificazioni a livello internazionale. C’è poi quel bisogno di appiccicare etichette... Io ero “il cantante dell’Estate”. Il successo a volte può dare fastidio».
Ricordi del live all’Arena?
«Una grande festa con gli amici, e tanti ospiti. Anastacia ha cantato con me Ti amo. Poi mi sono esibito in posti storici dove solitamente si rappresenta l’opera. Un’altra delle mie vite: meravigliosa».