Corriere della Sera (Roma)

DIFESA A TRE L’INTUIZIONE DI EUSEBIO

DiFra e il coraggio di rivoluzion­are la squadra contro i «mostri»

- Di Luca Valdiserri

Siamo ossessiona­ti dai numeri e spesso, abbagliati da una profusione di cifre, perdiamo di vista la sostanza. La Roma ha eliminato il Barcellona perché è passata alla difesa a tre o perché ha avuto la giusta mentalità? Effetto meccanico o psicologic­o?

La qualificaz­ione alle semifinali di Champions League ha portato con sé una sbornia epocale di adrenalina e di passione. Appena l’onda è scesa, tutti a chiedersi se Di Francesco riproporrà la difesa a tre nelle partite che mancano da qui alla fine della stagione. Siamo italiani, per noi il calcio è tattica.

La qualità internazio­nale di Dzeko, la romanità di De Rossi, la voglia di rivincita di Manolas dopo l’autogol dell’andata. Sono le storie sotto gli occhi di tutti. Ci potresti girare un film. Ma sono argomenti da «occasional­i». Il tifoso vero parla solo delle mosse di Di Francesco che hanno messo in scacco Valverde come era successo un anno fa, in Europa League, in Sassuolo Athletic Bilbao 3-0.

Ne ha parlato anche il presidente James Pallotta, ai margini dell’incontro al Campidogli­o con la sindaca Virginia Raggi: «Quello che Di Francesco ha fatto cambiando tatticamen­te è stato brillante, non penso che il Barcellona se lo aspettasse. Ogni calciatore ha giocato alla grande».

Se il presidente ha ragione perché non ripetere l’esperiment­o domenica sera nel derby e poi in semifinale di Champions? Ma è davvero così importante spostare una pedina sullo scacchiere?

Non c’è alcun dubbio che lo schieramen­to scelto per l’occasione ha messo a proprio agio gli esterni (Florenzi e Kolarov hanno volato) e rifornito Dzeko con più costanza. Avere tre difensori di ruolo ha dato alla squadra il coraggio di pressare altissimo. Evidente, in questo caso, la trasformaz­ione di Daniele De Rossi.

Da anni è accusato di «abbassare» la squadra, schiaccian­dosi sui due centrali e diventando un «libero» davanti alla linea difensiva. Contro il Barcellona, invece, è stato costanteme­nte nella metà campo avversaria, così come Strootman. Il «libero», in senso classico, l’ha fatto Manolas. Il greco centrale è stata la sorpresa della serata, la vera «mandrakata» di Di Francesco. Il regista difensivo lo ha fatto Fazio, da posizione più decentrata, meno esposto all’eventuale pressing (in vero inesistent­e) degli attaccanti blaugrana. Non esiste un modulo vincente a prescinder­e, ma quello di martedì sera era centrato e funzionale.

L’altra chiave è stata l’estrema fisicità della squadra, che ha dominato il Barça sul piano atletico. Più alti, più grossi, più forti. I gialloross­i hanno vinto tutti i duelli individual­i. Dzeko, per esempio, ha vinto 6 duelli aerei su 6, Schick ha mancato di poco un gol di testa nel primo tempo e Manolas ha segnato il gol qualificaz­ione su azione da calcio d’angolo. Dzeko e Schick sono due attaccanti tecnici oltre il metro e novanta e possono scambiarsi anche la posizione. Un lusso che ben pochi allenatori possono permetters­i, un problema per tutte le difese. Le sostituzio­ni con El Shaarawy e Cengiz Under hanno portato nel finale la velocità che serviva per dare il colpo decisivo.

Il modulo ha aiutato la mentalità, Di Francesco ha avuto la laurea in Champions League.

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L'urlo Kostas Manolas esulta dopo il gol del 3-0 che vale la semifinale di Champions. A sinistra, imperturba­bile, Eusebio Di Francesco. Nella foto piccola Dzeko
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A sinistra, il presidente James Pallotta riceve l’abbraccio dei tifosi mentre rientra in hotel dopo il tuffo nella fontana a piazza del Popolo. A fianco un’immagine della piazza tinta di gialloross­o
Sorrisi A sinistra, il presidente James Pallotta riceve l’abbraccio dei tifosi mentre rientra in hotel dopo il tuffo nella fontana a piazza del Popolo. A fianco un’immagine della piazza tinta di gialloross­o
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