Ma per monitorarli basterebbero gli antichi giardinieri
Sta girando l’idea di inserire negli alberi di Roma dei sensori che ne controllino il metabolismo e la salute per evitare crolli pericolosi e la perdita di esemplari monumentali.
A parte il costo di questi apparecchi (esposti, come è successo altrove, a furti e vandalismi) credo che la proposta vada esaminata con attenzione e magari riservata solo a patriarchi di eccezionale valore.
I 330.000 alberi della nostra città, soprattutto pini domestici e lecci, sono purtroppo esposti, negli ultimi anni, a variazioni climatiche inaspettate che alternano stagioni di una siccità continua e rovente a parossismi meteorologici a base di bombe d’acqua, buriane gelide e tornadi improvvisi.
Le cure e i rimedi per queste crisi, alle quali un Servizio Giardini già sopraffatto e inadeguato nel personale non riesce a tener testa, si può in qualche maniera affrontare con il buon senso e l’esperienza degli antichi giardinieri e forestali. A iniziare da potature accorte e non mutilanti (quelle sui lecci di Viale Bruno Buozzi, da me criticate, hanno lasciato gli alberi in buona salute) difesa dei tronchi dalle asfissie causate da asfalto e cemento e, quando indispensabile, sostituzione con essenze più adeguate agli stress cittadini, come bagolari e cipressi.
Come negli organismi animali, anche gli alberi presentano, in caso di malessere, sintomi spesso inequivocabili. Un grande cedro del Libano non lontano dalla mia abitazione dava incontestabili segni di sofferenza: chiome ingiallite e spoglie, rami rinsecchiti. E’ bastato l’intervento di un esperto per far scoprire che le sue radici erano in grave sofferenza per una perdita sotterranea di acqua da una conduttura.
È bastato riparare il danno per vedere l’albero risorgere a nuova vita.
Così ad esempio, i pini di Villa Balestra, che controllo da anni, presentano sulle chiome più alte degli strani «ciuffetti» di aghi che ne indicano lo stato di disagio, legato forse al substrato roccioso dell’antica Villa che - come è accaduto per i pini nella parte più alta di Villa Ada - non consente una vegetazione aerea più efficace. A questo si aggiunga il fatto (per i pini) che quelli provenienti da vivaio non dispongono più del robusto e ingombrante fittone che viene reciso al momento dell’impianto.
Come ho avuto modo di dire a proposito dei prati all’ inglese privati dell’irrigazione, la natura riesce sempre a riprendersi, purché non la si sottoponga a sforzi eccessivi e a stress incompatibili con le sue esigenze.