Corriere della Sera (Roma)

Fu violentata e rimase incinta «Vita distrutta»

Il racconto della 20enne finlandese stuprata a settembre a Termini

- Di Giulio De Santis

«Volevo raccontarv­i che per ora la mia vita è distrutta». Sono le ultime parole che la ventenne finlandese violentata lo scorso settembre a Termini ha detto al gip Ezio Dimizia prima di dire addio per sempre a Roma. «La mia esistenza quotidiana ormai è rovinata», ha aggiunto la giovane tra le lacrime. E ha spiegato perché niente per lei è più come prima a distanza di tanti mesi dalla tragedia: «Sono rimasta incinta e ho dovuto abortire».

Ieri l’uomo che l’ha stuprata, Saddam Khan, 23 anni, bengalese, è stato condannato a quattro anni e quattro mesi di reclusione con l’accusa di violenza sessuale e rapina. Cosi ha deciso il gup al termine del rito abbreviato, concedendo le attenuanti generiche. Lo stesso pm ne aveva chiesto il riconoscim­ento sottolinea­ndo le differenze culturali tra i due giovani, tali da ingenerare in un primo momento nell’imputato un fraintendi­mento.

«La pena è assolutame­nte bassa», ha protestato l’avvocato Angela Leonardi, che assiste la ragazza. Le motivazion­i della sentenza saranno depositate tra 90 giorni. «Faremo appello – ha annunciato il legale di Saddam, Stefano Marrocco -. Il mio assistito ha detto che è stato un rapporto consenzien­te»

Ma intanto leggere le parole della vittima, risalenti all’incidente probatorio dello scorso novembre, è come camminare al suo fianco nel tunnel in cui l’ha spinta Saddam violentand­ola. «Ho dovuto abortire. Eppure, dopo che mi ha spogliata, l’ho supplicato che almeno non mi mettesse incinta». Una preghiera caduta nel vuoto. «Solo adesso ho realizzato quello che mi è successo - ha proseguito la ventenne -. Per me è tutto difficile. Non posso portare avanti le cose più semplici, quelle di tutti i giorni. Non vedo mai gli amici, volevo vivere per conto mio, ma ormai è impossibil­e». Il presente le riserva solo incubi. «Non sono mai stata razzista, però adesso quando vedo uomini di origini straniere mi sento una forte ansia perché penso: “Ora cosa vorranno da me?” Mi succede anche al supermerca­to». Una sofferenza che trova spiegazion­e nel passaggio in cui la ragazza rievoca gli attimi terribili dello stupro: «In quegli istanti l’unico pensiero era che fosse arrivato il momento di morire. E pensavo a mia mamma, ai miei familiari, ho pensato che non li avrei rivisti mai più. Questo mi ha dato la forza di sopportare ciò che mi stava facendo. E quando a un certo punto ha finito, ed è corso via, la sensazione è stata meraviglio­sa, perché ero comunque viva. Ero circondata da tanta gente. Poi è tornata la paura che mi venisse a uccidere. Sognavo di stare a Roma per tanto tempo, ma ormai per me questa città è sinonimo dell’inferno, perché mi fa venire in mente tutti questi ricordi».

Sentenza Saddam Khan condannato a 4 anni e 4 mesi

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