Cocaina per i giovani di Roma Nord Arrestati sei pusher
Portuense, Casalotti, Olgiata. Adesso Roma Nord. Quattro operazioni antidroga dei carabinieri in soli tre giorni. La conferma che la Capitale è al centro di un’offensiva del traffico e dello spaccio di stupefacenti, quasi sempre cocaina. All’alba di ieri un elicottero dell’Arma ha sorvolato la zona di Prima Porta per proteggere dall’alto i militari impegnati in un blitz che ha portato alla cattura di sei pusher: secondo chi indaga rifornivano proprio i ragazzi dei quartieri bene. Dopo mesi di indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Lucia Lotti, i carabinieri della compagnia Cassia hanno sferrato un duro colpo allo spaccio di cocaina, che finiva in salotti e festini fra Flaminio e Parioli. Si calcola che il gruppo fosse in grado di vendere ogni giorno droga per migliaia di euro, fino a diversi chili al mese. A capo del gruppo un tunisino di 35 anni, finito in carcere con altre cinque persone (due connazionali, un marocchino, un egiziano e un quarantenne romano), mentre a una trentenne è stato notificato l’obbligo di presentazione in caserma. Ma ci sono anche diciassette indagati e quattordici clienti degli spacciatori segnalati in Prefettura come consumatori di sostanze stupefacenti. La base era proprio in una palazzina di Prima Porta, dove era stato notato un via vai di persone, appartenenti spesso alla stessa famiglia, che gestivano le piazze dello spaccio con corrieri che incontravano i clienti.
Già alla fine del 2016 c’erano stati arresti nella stessa zona che hanno fatto scattare le indagini. Si è scoperto così che i pusher parlavano in codice, utilizzando telefonini «puliti» con schede intestate a persone inesistenti. Si spostavano sul territorio cambiando spesso tragitto per ostacolare per quanto possibile eventuali pedinamenti. Ognuno degli arrestati aveva una propria piazza da gestire, con la complicità di collaboratori che si occupavano della vendita al dettaglio: nel corso delle indagini i carabinieri ne hanno arrestati tre in flagrante. Ma quell’incarico poteva anche portare a problemi: in caso di sequestro di droga da parte delle forze dell’ordine, erano proprio loro a dover rimborsare al tunisino il valore dello stupefacente andato perduto.
L’organizzazione
A capo della banda c’era un tunisino: chi perdeva la droga doveva rimborsare lui