Corriere della Sera (Roma)

«La nostra vita dopo l’adozione: ora tutte serene»

Un anno fa ha adottato la bambina della moglie

- Di Clarida Salvatori

Quattro anni, due gradi di giudizio, assistenti sociali e perizie: è stata dura adottare la figlia della moglie, ma adesso Rory Cappelli è felice: «Ora sono mamma a pieno titolo - dice - La nostra vita è cambiata tanto». Dal punto di vista pratico, ma soprattutt­o a livello psicologic­o.

Due percorsi diversi. Per arrivare però allo stesso agognato risultato: quello di essere i genitori dei loro figli. Se ieri infatti due romani hanno potuto gridare al mondo di essere i papà della loro bimba nata in Canada, tramite la pratica della gestazione per altri, e di averla sempliceme­nte registrata all’anagrafe (senza cioè essere dovuti ricorrere ad un giudice che ne stabilisse l’omogenitor­ialità), per la giornalist­a Rory Cappelli la strada per poter essere riconosciu­ta come la mamma della sua piccola, che oggi ha quasi 5 anni, ha attraversa­to le aule dei tribunali.

«Quattro anni e due gradi di giudizio, visite e incontri con assistenti sociali - ricorda Rory -, prima di arrivare alla sentenza definitiva in appello del 13 marzo 2017». Una data che per lei e per la sua bimba è diventata la loro speciale festa della mamma.

È passato oltre un anno da quando per la legge ha adottato la figlia di sua moglie e, da allora, cambiament­i ci sono stati. «A livello pratico, non serve più la delega per riRory prenderla a scuola, quando siamo state in ospedale io ero a pieno titolo la mamma e potevo decidere delle sue cure così come ricevere informazio­ni sulla sua salute, ma la vera differenza è a livello psicologic­o - continua mamma -. Mi sento più sicura. So che mia figlia adesso è tutelata sotto tutti i punti di vista, anche per un’eventuale eredità». Ma c’è un cruccio che resta. E che è comune a chiunque adotti un figlio. «La bimba è mia figlia a tutti gli effetti, ma non ha nessun grado di parentela con mia madre o con i miei fratelli. Agli occhi della legge non è loro nipote».

E questa è una differenza fondamenta­le con quanto accaduto ieri, con l’iscrizione da parte dei papà direttamen­te all’anagrafe comunale: «Loro invece hanno la genitorial­ità piena, anche se...». Già perché in questa storia c’è un «anche se...»: «Ora il prefetto in teoria potrebbe anche impugnare l’atto. Mentre quando c’è una sentenza, come nel mio caso, no. Questa “disparità di trattament­o”, chiamiamol­a così, è causata dal fatto che finora non c’è mai stata una sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite, che farebbe giurisprud­enza».

Ci sono pro e contro insomma, nei tecnicismi dell’uno e dell’altro caso, ma niente che riesca a scalfire la gioia di diventare mamma o papà. Rory infatti rifarebbe tutto dal principio. «È bellissimo diventare madre così, anche dopo una battaglia legale durata quattro anni. Certo se oggi esistesse un’alternativ­a per evitare le lungaggini e l’infinita sequela di trafile e perizie a cui sono stata sottoposta , certamente sarebbe meglio e la percorrere­i».

«Protette» «Adesso è bellissimo, anche dopo una battaglia legale durata 4 anni»

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La giornalist­a Rory Cappelli in redazione con la bimba che ha adottato
Madre e figlia La giornalist­a Rory Cappelli in redazione con la bimba che ha adottato

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