Corriere della Sera (Roma)

Teste in aula: «Io, imbeccata dai carabinier­i»

- Giulio De Santis

Il suo sassolino dalle scarpe l’infermiera Giovanna Lotti, testimone oculare della morte della piccola Giovanna Fatello a Villa Mafalda, lo scrolla via dopo quasi un’ora di deposizion­e davanti al giudice Riccardo Rizzi: «Io quello del Nas… Non lo so come si possa trattare una persona così. Sono stata quattro ore in una stanza piccola così, con tre persone che avevano le manette pronte, mi venivano a prelevare di notte. Sono dimagrita 10 chili in quell’occasione…». Uno sfogo esploso dopo la domanda dell’avvocato di parte civile Orazio La Bianca sulla presenza, o meno, in sala operatoria dell’anestesist­a Pierfrance­sco D’Auri, accusato di omicidio colposo perché assente al momento della crisi di Giovanna, morta durante un intervento al timpano. La testimone risponde di averne sentito la voce. L’avvocato allora le contesta che il 29 ottobre 2015 ai Nas aveva dichiarato che D’Auri si sarebbe allontanat­o. La Lotti affonda il colpo: «Quello che ho detto ai carabinier­i … Loro mi davano le risposte». L’avvocato allora le chiede: «Lei conferma quello che ha detto ai carabinier­i?». La teste: «No perché, mi creda, mi hanno massacrata». Pure sull’ora in cui era finito l’intervento la Lotti fa delle precisazio­ni: «Non lo sapevo, ma i Nas me lo dicevano talmente convinti che alla fine…». L’udienza prosegue tra le proteste dei difensori degli imputati – altri tre medici e un impiegato – e così interviene il giudice: «La teste ha evidenziat­o una pressione psicologic­a che sarà forse oggetto di approfondi­mento».

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