Dipendente perseguitata: l’ad stalker va a processo
Al principio l’ossessione di Mario Manganaro, amministratore delegato della Proteso srl, si è manifestato con una tempesta di messaggini. Sms che trillavano durante il giorno e il display dell’iphone che s’illuminava anche di notte. A volte erano promesse, altre accuse, spesso offese. Ma la sua vittima, Dafne Leonardi, ex dipendente della Proteo, era più seccata che spaventata.
Tutto sommato erano solo messaggi. E lui, il suo ex datore di lavoro, a storia ormai finita, era ancora incomprensibilmente innamorato di lei.
Poi però, come ha ricostruito l’inchiesta del pubblico ministero Elisabetta Ceniccola, è venuto altro. Manganaro si faceva trovare lungo la sua strada quando lei rincasava. A volte arrivava a rincorrerla quando era sola «minacciandola di stare attenta quando camminava per strada» e perfino, un giorno, aveva annunciato l’idea di sfregiarla come in un terribile contrappasso, attribuendole ogni responsabilità per la loro storia finita male e non solo per quella. Ma anche, più in generale, per la piega infelice che aveva preso la sua vita, un tempo professionalmente e sentimentalmente gratificante. Il fatto più inquietante? Era arrivato a trasferirsi nello stesso palazzo in cui abitava la sua vittima con il suo nuovo compagno, e aveva preso a contattare telefonicamente gli amici e i parenti di lei, per insultare, offendere, fare pressione.
Le rinunce di Dafne Leonardi, assistita dal penalista Carlo Arnulfo, sono agli atti del processo per stalking nei confronti di Manganaro (la cui udienza, prevista ieri, è saltata a causa dell’astensione degli avvocati): fra tutti un appartamento e un nuovo lavoro di consulente alla Camera dei deputati, abbandonati nel tentativo di salvarsi dall’ondata di molestie.