I ricordi di Detassis: Festa del cinema, da Kidman a Rondi
Il bilancio di Piera Detassis, dalla Fondazione ai David
«Un’esperienza entusiasmante». Piera Detassis — ormai alla Fondazione Accademia del Cinema Italiano-Premi David di Donatello — ha lasciato, come previsto, la direzione della Fondazione Cinema per Roma.
Con che spirito lascia?
«Ho un altro incarico, vado via serenamente, con la consapevolezza di aver contribuito a dare vita, pur tra fratture e resistenze, a un evento che prima non c’era, in cui l’intento principale era mettere il pubblico in prima fila. Che poi è il leitmotiv della mia carriera anche di giornalista. Siamo stati dei pionieri».
In che senso?
«Nell’avvicinare i divi e gli spettatori. Ho iniziato portando Nicole Kidman. Una settimana prima arrivò uno squadrone da Los Angeles per misurare passo per passo ogni percorso, compresi i minuti per la toilette. Ho capito il senso più profondo del red carpet: non è solo frivolezza, serve per lanciare i film, il glamour diventa business».
Ricordi?
«Quelli migliori sono legati agli incontri del viaggio nel cinema americano di Mario Sesti e Antonio Monda e che poi Antonio da direttore ha continuato. Gli Incontri ravvicinati sono il cuore del festival che si è plasmato in questi anni intorno a questo. E poi tanti altri, Kristen Stewart e Robert Pattinson allora sconosciuti per Twilight con Alice della città, diventati un fenomeno davanti ai nostri occhi. O il lavoro notturno per evitare un
forfait di George Clooney. E momenti solo miei, Meryl Streep che si riposa dal jet lag dietro un paravento, le chiacchiere con Richard Gere».
Come vede il futuro della Fondazione?
«Andrà tutto avanti benissimo. Auguro alla Fondazione, a Laura Delli Colli che ha avuto le deleghe, al direttore
Monda, al direttore generale, di poter fare un passo avanti o anche due. L’Italia vive una fase di incertezza politica generale, il mondo del cinema cambia rapidamente, non è più tempo di fermarsi a ciò che conosciamo».
Pensa che l’attività Cityfest proseguirà?
«Mi auguro. Roma è una città in emergenza culturale, un evento così importante non può non cercare di intercettare nuove risonanze».
Fu chiamata alla Festa da
«L’idea era loro, un grande slancio immaginifico in un luogo, l’Auditorium di Renzo Piano, che per me non romana resta magico. Poi sono andata a casa con Alemanno e Polverini e sono tornata con Marino sindaco. Per me è fondamentale ricordare la figura di Gianluigi Rondi».
Come sono stati i rapporti con l’amministrazione Raggi?
«Cordiali, sono stati molto precisi nel sottolineare il loro
interesse e nel non abbassare il finanziamento del Comune. Stanno ancora cercando un punto di fusione perfetta tra le varie istituzioni culturali e la Fondazione».
Ora è alla guida dei David. Che obiettivi si è data?
«Questa è un’avventura che richiede energia e impegno per il cambiamento. Il David da quando è diventata fondazione non può limitarsi a essere solo un premio».