Che anno quell’anno. Il Sessantotto fotografico ora è in mostra
La mostra A Trastevere video, prime pagine e foto, dal Vietnam a Valle Giulia
Battaglie studentesche e rivoluzioni culturali: il 1968 è stato un anno in cui tutto sembrava possibile. Una mostra multimediale al Museo di Roma in Trastevere racconta i giovani protagonisti dei movimenti di cinquant’anni fa. Quei «Dreamers» che tra errori e utopie hanno consegnato al mondo un futuro di conquiste e diritti civili.
Rivoluzionari e visionari, ostinati cacciatori di utopie. In una parola: sognatori, o Dreamers. Sono i volti in bianco e nero dei giovani di cinquant’anni fa i protagonisti della mostra che si apre oggi al Museo di Roma in Trastevere, a cura dell’Agi-Agenzia Italia.
Un racconto in stile giornalistico dell’anno 1968 e dei fatti che segnarono per sempre la storia, il costume e la cultura italiana e mondiale. Dalla guerra in Vietnam alle proteste del Maggio francese, dall’assassinio di Bob Kennedy a quello di Martin Luther King.
Eventi raccontati con 178 foto (molte delle quali inedite, scovate negli archivi fotografici delle principali agenzie), filmati e quaranta prime pagine di quotidiani tra cui il Corriere. Documenti che ricordano tragedie nostrane (come il terremoto del Belìce) e gioie collettivo come quella per l’unico Europeo vinto dall’Italia con la coppa alzata al cielo da Giacinto Facchetti.
Un anno fondamentale anche per la Capitale illuminata dagli ultimi luccichii della Dolce Vita — in mostra la passeggiata di Celentano abbracciato a Claudia Mori o la cena in trattoria di Mina e Walter Chiari — ma sente l’arrivo del vento della protesta. Una sezione è dedicata alla battaglia di Valle Giulia del primo marzo e alle mobilitazioni universitarie. Sommosse studentesche («borghesi» diranno in molti) a cui fanno da contraltare i versi di Pier Paolo Pasolini («Vi odio cari studenti») e le foto delle occupazioni delle case a Val Melaina da parte di famiglie piene di figlie, quelle sì «proletarie».
«Questa non è una mostra sul passato, ma sul futuro» dice Riccardo Luna, direttore dell’Agi e co-curatore dell’esposizione insieme con Marco Pratellesi. «Abbiamo cercato di vedere il mondo con gli occhi dei giovani di allora - aggiunge - quelli che pensavano di cambiare società, famiglia, scuola con un ciclostile in mano e la radio accesa su Hey Jude dei Beatles. Una generazione che ha fatto proprie ingiustizie lontane, si è illusa e ha fatto sicuramente degli errori. Ma ci ha provato e in qualche modo ha davvero segnato il nostro tempo. Basti pensare alle donne: nel 1968 quelle in Parlamento erano il 3 percento. Oggi sono il 33».
«Delle battaglie di cinquant’anni fa resta la conquista di tanti diritti in Italia e in Occidente - dice Pratellesi, condirettore dell’Agi -. Prima del 1968 potevano parlare solo in pochi. Durante la protesta tutti hanno potuto prendere in mano un megafono e comunicare le loro idee». Non a caso, proprio in quell’anno, due informatici Usa teorizzarono l’arrivo del mezzo più democratico mai conosciuto, internet. «Tra pochi anni - scrivevano - gli uomini comunicheranno più efficacemente attraverso un computer che guardandosi negli occhi». E così è stato.