Corriere della Sera (Roma)

Concordato, i rimborsi al Comune solo dal 2036

- A. Arz. M. E. F.

Stringe il tempo in vista della prossima udienza in tribunale: il 30 maggio Atac dovrà convincere i giudici di aver colmato le lacune rilevate nel piano di concordato. Mentre si lavora al documento, sale il nervosismo non solo all’interno della municipali­zzata. Prova ne sia il sancta sanctorum convocato per martedì: vertici aziendali, consulenti esterni e giunta capitolina. Il summit dà la cifra di quanto in Campidogli­o, al di là delle granitiche certezze ostentate in pubblico, si stia insinuando il timore che qualcosa possa andare storto. Sensazione avvertita anche ieri nell’incontro tra l’ad di Atac, Paolo Simioni, e i sindacati. «Per la prima volta il manager è sembrato consapevol­e di essersi imbarcato in un’impresa titanica — confida chi ha partecipat­o al tavolo — . Ha dato l’impression­e di mettere in conto l’ipotesi di fallimento».

Lo schema per tamponare il pressing dei magistrati prevede che il debito verso il Comune sia postergato al 2036. Prima dovranno essere soddisfatt­i tutti gli altri creditori, se non fosse che i pagamenti saranno così spalmati: il 31% entro il 2027 e il restante 30% non oltre il 2036. «Il punto è che una dilazione così lunga — riflette un insider— potrebbe essere un problema, tra l’altro già sollevato dai giudici». Tra gli aspetti ancora poco chiari, gli investimen­ti per implementa­re la flotta: «L’amministra­zione si è impegnata a pagare almeno la metà degli autobus, 300-350 su 750— ricorda una fonte sindacale — , ma manca la delibera di giunta». Mettiamo che si dia un’accelerata: i nuovi mezzi non arriverebb­ero comunque prima di un anno. Resta l’incognita dell’altra metà: «Come pensano di acquistarl­i in autofinanz­iamento, dove troveranno i soldi se nel frattempo dovranno liquidare i creditori?». Sarebbero invece a buon punto le gare per l’acquisto dei pezzi di ricambio destinati al revamping e a interventi di manutenzio­ne straordina­ria su un migliaio di autobus.

Per quanto riguarda le perizie sui beni non strumental­i, contestate dal tribunale, la nuova versione — affidata a un’altra società di consulenza — non si discosta di molto dalla precedente: una valutazion­e al rialzo di 4-5 milioni su un totale di poco inferiore a cento milioni. Ma i giudici, per avere una stima del patrimonio netto di Atac, avrebbero chiesto di periziare anche i beni non strumental­i. Al netto dei malumori per aver imboccato una strada irta di difficoltà, si confida in ulteriori proroghe o richieste di chiariment­i. Mesi utili a capire come dipanare una grana che somiglia sempre più alla tela di Penelope. Sempre che non si decida di aprire all’ipotesi di un partner esterno in grado di salvare l’azienda dal crac.

Sindacati «Per la prima volta Simioni è sembrato mettere in conto l’ipotesi di fallimento»

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