Al Teatro India va in scena la storia di Irina
All’India «Mi sa che fuori è primavera» sulla vera storia della donna le cui figlie sono scomparse dopo essere state sequestrate dal padre
Una storia terrificante, una storia assurda, una storia vera. Quella di Irina Lucidi che nel 2011 si vede rapire le sue bambine gemelle dal marito Mathias Schepp, da cui era separata: lui si suicida e le figlie scompaiono nel nulla. Una tragedia familiare che è diventata un libro di Concita De Gregorio, ora adattato al palcoscenico. Si intitola Mi sa che fuori è primavera il monologo ideato e diretto da Giorgio Barberio Corsetti con Gaia Saitta protagonista dello spettacolo al Teatro India da domani. «Una tragedia contemporanea - commenta il regista - una Medea al contrario: stavolta è il padre che, prima di cancellare se stesso, uccide le figlie per vendetta contro la ex moglie».
Il tessuto tragico della vicenda, nell’allestimento scenico, viene condiviso con il pubblico: «L’attrice individua alcuni spettatori - spiega Barberio Corsetti - e li invita a essere presenti, testimoni partecipi di quanto sta raccontando. Il monologo diventa così una specie di dialogo tra Irina e i suoi interlocutori, che vengono inquadrati da telecamere e proiettati su di uno schermo. In questo modo la parola diventa più viva, concreta: il palco si trasforma in una camera oscura della memoria».
Si parte dal giorno del compleanno della protagonista, un giorno speciale per lei, in cui sente la necessità di ricucire i pezzi della sua esistenza sgretolata: dal primo incontro con l’uomo che diventerà suo marito a quando scopre la componente psicotica dell’uomo, le sue manie di controllo: sintomi sparsi che solo alla fine Irina riesce a mettere insieme. «Entrano in gioco vari personaggi - continua il regista - sia gli altri familiari, sia coloro che compaiono nell’inchiesta. Tra le altre cose emerge anche il razzismo da parte della polizia svizzera nei confronti di Irina, che è un’italiana».
Stranamente, però, il titolo allude alla speranza di una rinascita: «Sì, perché quella donna martoriata - conclude nonostante il dolore di una perdita, di un vuoto incolmabile, riesce a innamorarsi di nuovo. A un certo punto della storia, Irina è capace di dire non sono morta, dunque devo continuare a vivere. Il dolore non finisce mai, non può finire, ma forse fuori è primavera, le stagioni continuano ad alternarsi, il tempo passa, la vita continua». Conclude
Il regista È una Medea al contrario: il padre, prima di suicidarsi, uccide le figlie per vendetta
De Gregorio: «Dall’incontro con Irina è nata una forza che ci ha dato e ci dà ogni giorno l’energia di affrontare la vita com’è. Questo è successo a noi due, entrambe ci auguriamo che succeda a tutti coloro che ascolteranno queste nostre parole: le parole feriscono e curano».