Corriere della Sera (Roma)

Barista senza paura: con questa gente mai abbassare la testa

Marian Roman: ho paura, ma se vogliono la guerra...

- Di Rinaldo Frignani

«Certo che ho paura, ci mancherebb­e. Ma l’importante è fargli vedere, a questi signori, che non si cede. Che la testa non si piega davanti alle loro minacce». Così Marian Roman, detto Mariano, il barista di via Salvatore Barzilai, alla Romanina, che con la sua denuncia, e quella della cliente disabile, accusa due esponenti del clan Di Silvio,

imparentat­o con i Casamonica, del raid del pomeriggio di Pasqua. «Diciamo che temo che possa accadermi qualcosa, ma non più di tanto», racconta con voce decisa. E ancora: «In 5 anni che lavoro al Roxy Bar con mia moglie non era mai successo nulla di tanto grave. L’importante è mostrarsi sicuri e fermi quando loro chiedono soldi».

«Certo che ho paura, ci mancherebb­e. Ma l’importante è fargli vedere, a questi signori, che non si cede. Che la testa non si piega davanti alle loro minacce». Marian Roman, detto Mariano, è un ragazzo snello dallo sguardo deciso. Da 38 giorni si è ormai abituato a uscire di casa, dal bar di via Salvatore Barzilai e dalla carrozzeri­a al Tuscolano dove lavora, guardandos­i intorno, se non quando le spalle. «Diciamo che temo che possa accadermi qualcosa, ma non più di tanto», racconta con voce decisa. È anche di buon umore, nonostante la vicenda del tardo pomeriggio del giorno di Pasqua, il raid di due giovani appartenen­ti alla famiglia Di Silvio, imparentat­a con i Casamonica, proprio nel bar rilevato cinque anni fa con la moglie Rossana, sia diventata finalmente di dominio pubblico. E ieri la Romanina era blindata dalle forze dell’ordine, arrivate fin sotto le roccaforti del clan.

«Sì, li vedo quelli del loro clan aggirarsi in auto qui fuori, ma non si fermano mai, altrimenti avrei già chiamato la polizia», racconta ancora Mariano. «In cinque anni che lavoriamo in quel bar (il Roxy Bar, dal nomignolo della moglie) non era mai successo nulla di tanto grave, qualcosa l’anno scorso, prima ancora nel 2016: sì è vero - ammette il giovane -, ogni tanto si fanno vedere, qualche volta sono anche ubriachi. Fanno i prepotenti, ti dicono “questa è zona nostra, qui è tutto nostro, facciamo come ci pare”, ma non avevano ancora picchiato nessuno. Quando abbiamo deciso di aprire qui, con mia moglie ci siamo anche chiesti se fosse un posto pericoloso, ma l’affare era buono e volevamo provare. L’importante - aggiunge Mariano lanciando una sorta di messaggio a tutti i commercian­ti della Romanina che invece hanno ceduto alle pressioni dei malavitosi - è mostrarsi sicuri e fermi quando loro chiedono soldi. Lo fanno di continuo: bisogna rispondere no. Secco. Dirgli in faccia “qui non funziona così”».

Ma quello che ha fatto Mariano, e come lui anche Laura (nome di fantasia), la quarantenn­e con un disagio psicologic­o riconosciu­to come disabilità, non è una scena molto frequente: trovare il coraggio di ribellarsi ai violenti non è facile. «Sì, è vero, ma le cose potrebbero cambiare in poco tempo se tutti non pagassero quando vengono minacciati. Purtroppo non è così».

Ma non ha avuto paura di vendette? «Ogni tanto, ripeto, sì, ma poi mi sono accorto che parlavano e basta. Che ti prospettav­ano conseguenz­e negative che non si sono mai verificate», commenta il barista che ricorda, oltre all’aggression­e da parte di Cristian e Vincenzo Di Silvio, che ora rischiano l’arresto per violenza privata, minacce e lesioni aggravate dal metodo mafioso, la visita un paio di giorni più tardi del nonno dei due. «Si è presentato sulla sedia a rotelle, mi ha detto che dovevamo ritirare la denuncia. “Altrimenti se è la guerra che volete...”, ha aggiunto. E io allora gli ho risposto: “E se volete la guerra, facciamo la guerra”, noi non abbiamo paura di nessuno», spiega Mariano. Reazione dura a comportame­nti intollerab­ili che hanno segnato marito e moglie. «Noi a Roma ci stiamo bene e ci vogliamo restare - racconta il giovane -, siamo qui da 12 anni. Ci siamo conosciuti per caso, un mio amico mi ha detto che c’era una ragazza rimasta in panne con l’auto. Sono andato per la riparazion­e e ho conosciuto la donna che sarebbe diventata mia moglie. Lei viveva a San Cesareo e faceva la barista in via Tuscolana, io lavoravo a Torre Maura. Abbiamo preso un caffé ed è stato colpo di fulmine». Anche Rossana è una persona decisa, che detesta le sopraffazi­oni. «Dal giorno del raid mi rimprovera perché, dice, che quei due li avrei dovuti prendere a bottigliat­e. Io la bottiglia l’ho afferrata davvero per difendermi dietro il bancone. Ma non sono il tipo da fare cose del genere e sarei anche passato dalla parte del torto».

Il racconto «In 5 anni Di Silvio e Casamonica sono venuti tante volte, mai gli abbiamo dato soldi»

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Via Salvatore Barzilai Il bar nel quale i due del clan Di Silvio hanno malmenato prima una disabile e poi il gestore del locale: colpevoli di non aver mostrato rispetto
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 ??  ?? Coraggioso Marian Roman, il barista che ha denunciato i soprusi subiti dai clan. Accanto, i fotogrammi delle botte alla cliente disabile da parte di due Di Silvio. Nella foto grande infine la visita di ieri della sindaca Virginia Raggi al Roxy Bar di...
Coraggioso Marian Roman, il barista che ha denunciato i soprusi subiti dai clan. Accanto, i fotogrammi delle botte alla cliente disabile da parte di due Di Silvio. Nella foto grande infine la visita di ieri della sindaca Virginia Raggi al Roxy Bar di...

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