Fuoco e paura nel cuore di Roma
Ennesimo bus in fiamme, stavolta a due passi da Palazzo Chigi. Ustionata una negoziante
Panico in pieno centro per l’incendio e poi l’esplosione di un autobus della linea 63 in via del Tritone. Una negoziante ferita, danni per almeno 300mila euro ai negozi e un intero palazzo, al civico 51, annerito dal fumo. Per la prima volta la Procura indaga sui rischi causati dalla mancata manutenzione del mezzo, che aveva 15 anni . Ma il responsabile della sicurezza di Atac è all’estero per le ferie arretrate.
Un’ora con le fiamme alte che lambiscono le vetrine e scalano il palazzo al civico 47 di via del Tritone. Urla, fumo, paura e molti danni. Una negoziante ferita, un edificio annerito dal fumo e un danno di immagine per la Capitale che in pochi attimi, dai telefoni dei turisti, si è irradiata in tutto il mondo. L’autobus «63» a fuoco ieri in pieno centro avrà conseguenze ben diverse e maggiori rispetto alla «routine» degli altri mezzi bruciati negli ultimi mesi. Con il giallo della doppia revisione del mezzo pubblico, a novembre, passata alla seconda ma con mille chilometri in meno rispetto alla prima.
Alle 10.25 l’automezzo si ferma lungo la corsia preferenziale che porta a largo Chigi. Un corto circuito, forse, ma l’anomalia è tale da non poter proseguire. L’autista Pietro Onori, 35 anni, scende a controllare, vede le prime fiamme nel motore e senza perdere altro tempo fa allontanare i passeggeri, molti dei quali erano scesi alla fermata precedente. Una freddezza e
una rapidità di azione che evita guai peggiori. Poi, il dipendente Atac imbraccia l’estintore mentre tutto attorno si formano capannelli di curiosi.
La situazione degenera in fretta, dal mezzo esce gasolio che prende fuoco, le fiamme sono indomabili anche per un secondo estintore fornito da un bar. Tanti filmano, nessuno si aspetta l’esplosione che fa tremare i palazzi e le
persone, e rompe le vetrine. Chi scappa, chi urla, chi chiama soccorsi. Sul posto vigili del fuoco e municipale. Fortunatamente nessuno viene raggiunto da schegge o detriti, solo la negoziante che lavorava nel punto più vicino alle fiamme resta coinvolta durante la fuga. Lì passa anche il ministro dell’Interno Marco Minniti, ma chi sente solo lo scoppio senza aver visto le fiamme — e il botto si è av- vertito in tutto il centro — pensa inevitabilmente a un attentato. Il traffico si ferma e resta in modalità «delirio» fino a sera.
Spente le fiamme, arrivano le note dolenti per la già disastrata Atac. Le prime stime parlano di 300mila euro di danni per le sole strutture e la merce dei negozi. Il palazzo ha la facciata color nero fumo e ripulirlo sarà costoso. Eppure, il conto economico può non essere la peggior conseguenza per la municipalizzata. Perché la procura, data la straordinarietà dell’evento — per dimensioni, luogo, numero potenziale di passeggeri e passanti coinvolti — ha aperto un’inchiesta su eventuali colpe nella mancata o carente manutenzione di un bus del 2003 mandato in giro, non l’unico, in condizioni evidentemente precarie. Una prima volta che può chiamare in causa anche il management della azienda, mentre la sindaca Raggi e l’assessore Meleo ricordano la vetustà del parco mezzi di Atac e i loro tentativi di rinnovarlo.
In questo quadro arriva quasi come una beffarda ciliegina sulla indigesta torta la notizia di un altro mezzo - lo 06 pieno di studenti - carbonizzato all’Infernetto a una fermata lungo viale di Castel Porziano. Non ci sono danni a cose o persone, ma c’è anche la certezza che difficilmente sarà l’ultimo di questa infausta sequenza.