Corriere della Sera (Roma)

«Non abbiamo paura, però adesso basta»

- Di Ilaria Giupponi

Furibondi. Non spaventati. Dopo che ieri un autobus ha preso fuoco in pieno Centro, i romani non hanno paura nel prendere i mezzi pubblici, ma lamentano ritardi e servizi scadenti. Una signora, già sul piede di guerra alle 8 di mattina in via Balduina sbotta: «Temo solo di non arrivare in tempo al lavoro». Dai Parioli all’Eur tanti sottolinea­no: «I bus sono carri bestiame».

Una donna sul 490, nei pressi di piazza Fiume, esagera: «Dovremmo dargli fuoco noi, per come funzionano».D’accordo, ma ora da (enormi) problemi di disservizi­o, si passa al rischio per la propria incolumità. Possibile che non ci sia nessuno spavento? «Ma no, un incidente può capitare», ti rispondono indistinta­mente che ci si trovi in periferia, a Conca d’Oro o ai Parioli. O perfino sul luogo dell’incendio in via del Tritone, dove le tracce sono più che evidenti: sette piani anneriti dalle fiamme, insegne carbonizza­te e fari liquefatti, la camionetta dei pompieri per controlli struttural­i e l’odore del catrame nell’aria dovuto al manto stradale ricostruit­o in nottata in fretta e furia. Perfino sul 63, la stessa linea dell’autobus in fiamme ieri, prevale lo sdegno: «Uno schifo, 53 minuti di attesa», commenta un uomo in giacca e cravatta a piazza Barberini.

Non c’è sorpresa, né spavento sui bus Atac, ma rassegnazi­one: la maggior parte dei viaggiator­i scuote la testa. «Io ci vivo sugli autobus...sò tutti rotti, non è che è una novità. Se sapeva... Poi tanto se deve succede, succede», un’anziana lungo viale delle Milizie. Qualsiasi cosa accada, il romano resta tranquillo. Oppure incolpa il caso: «Fatalità», dicono nei pressi della Casilina. Senza contare che: «Anche avessimo paura, che alternativ­a abbiamo?», si chiede Paolo, 50 anni, dopo 11 trascorsi a Copenaghen, aggiungend­o: «Tornare qui però è stato un trauma».

La scarsa sicurezza dei mezzi appare ai più un particolar­e trascurabi­le. E a turno, la responsabi­lità ricade su «portoghesi», governo, scioperi e naturalmen­te su Virginia Raggi: «Siamo una città senza sindaco. Ma non li vede i rifiuti?», attacca una trentenne che punta il dito su un cassonetto stracolmo di sacchetti vicino via Boccea. E c’è chi propone: «Rimettesse­ro il controllor­e, così tutti pagheranno il biglietto!», osserva Marina, 20 anni, mentre scende dal 170 a piazzale della Radio.

Ma qualche eccezione c’è. Siamo sul 64, vicino San Pietro, e Marta, ultra sessantenn­e, si è messa appositame­nte nel sedile davanti all’uscita: «Mio marito è dipendente Atac, noi ai nostri figli diciamo sempre di mettersi vicino alle porte. Io non mi sento tranquilla per niente, altroché. I freni, ad esempio, non sono parametrat­i al quantitati­vo di persone che i mezzi trasportan­o. Stanno smantellan­do l’Atac da 20 anni». Sul 913 neanche Lucilla, 44 anni, nei pressi della Trionfale, è tranquilla: «Sì ho paura di morire mentre vado a lavorare». Perfino l’attrice Margherita Bui preferisce evitare i trasporti romani: «È un disastro, fanno orrore. E infatti io vado a piedi». C’è anche chi va oltre e azzarda ipotesi: «Non le sembra strano che quando ci si avvicina alle elezioni, aumentano gli incidenti?», insinua Alberto, «qui c’è puzza di bruciato». E per la signora Maria: «Sto fatto che vanno fuoco così spesso a me non mi torna... Secondo me è perché voglio privatizza­re».

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