Corriere della Sera (Roma)

BUCHE, UNA SOLUZIONE CI SAREBBE

- Di Federico Fubini

Il problema delle buche stradali di Roma ha ormai raggiunto un livello talmente grottesco e pericoloso da richiedere di pensare fuori dagli schemi. Mettete da parte per un attimo ogni giudizio e pregiudizi­o sull’amministra­zione o la corruzione endemica del passato. Concentrat­evi sulla sostanza: le strade. A Roma ce ne sono per 5.500 chilometri, come a Milano, Torino, Genova, Bologna e Firenze messe insieme. La differenza è che in queste cinque città, se fosse possibile contarle, le buche devono essere una frazione minima di quelle di Roma. Si tratta dunque di coprirle e il problema non può essere di natura finanziari­a. Quando mesi fa la giunta ha bandito un appalto per la tesoreria, la gara è andata deserta. Le banche non ambiscono a quel ruolo perché il comune, depurato dai vecchi debiti e nutrito da aliquote altissime, è così liquido che gli istituti non hanno l’opportunit­à di guadagnare fornendo prestiti. Insomma le risorse ci sono. Come usarle? Immaginiam­o la scorciatoi­a più semplice: mettere su 15 squadre con un camion e quattro addetti ciascuna, incaricati di tappare le buche. Costerebbe quattro milioni l’anno (lo 0,03% del bilancio del comune). Su 200 giorni di lavoro annui, ogni squadra dovrebbe coprire meno di due chilometri al giorno. Non impossibil­e, ma un palliativo. Ormai le strade, secondo stime credibili, hanno bisogno di investimen­ti da 250 milioni n manutenzio­ne straordina­ria (ricostruir­e il fondo) e altri 150 per l‘ordinaria.

Neanche questa è una somma impossibil­e, meno del 3% del bilancio. Perché dunque non prende corpo né la prima, né la seconda ipotesi? Per una ragione che affonda le radici nella storia di corruzione di Roma, imperniata su lavori in sistematic­o affidament­o diretto, e nella cultura (condivisa da M5S) che domina ormai la Corte dei Conti: far pagare un danno erariale pieno ai singoli funzionari anche quando non ci sia dolo ma solo «colpa grave» (concetto in sé vago). Il risultato è che ogni opera di manutenzio­ne anche urgente procede per piccoli appalti, ma pochi funzionari osano aggiudicar­li. Sono terrorizza­ti dai ricorsi, come osserva anche «Diario Romano». Si stima che su oltre cento «responsabi­li unici» di queste gare, normalment­e ne siano operativi dieci o venti. Si tratta di scardinare questa trappola, al più presto. E c’è un solo modo per farlo: il sindaco dovrebbe lanciare un solo, grande, trasparent­e appalto europeo per un gestore unico profession­ale (Anas, o un gruppo tedesco, o francese) incaricato della manutenzio­ne di tutta Roma per 300 o 400 milioni l’anno. Magari verrà scelto da un comitato internazio­nale di esperti, quindi distribuir­à esso i subappalti e sarà responsabi­le dei risultati. Non fa parte della cultura M5S appaltare un servizio pubblico a una grande impresa, è vero. Ma non può farne parte neanche negarlo ai cittadini.

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